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martedì 17 marzo 2015

35 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte seconda. La Parusia e la nascita del cristianesimo giudaico. 1

La resurrezione di Gesù, prontamente accettata dagli apostoli, fece abbandonare loro l'idea di rientrare alla chetichella in Galilea e li convinse a rimanere a Gerusalemme per attendere tutti insieme il ritorno del Risorto, ritenuto imminente.
Ebbe inizio così la parusia, cioè l'attesa febbrile del ritorno di Gesù dal cielo in carne ed ossa. Questa seconda metamorfosi di Gesù diede origine al cristianesimo giudaico e determinò la nascita di una setta che fu chiamata "La Via" ma che è meglio conosciuta come la setta dei "nazirei" (Atti 24, 5 e 24,14-15). A proposito del nome "La Via" va ricordato che gli esseni nei rotoli di Qumran designavano se stessi con l'espressione "La Via", in maniera sistematica (R.H.Eisenman, M. Wise, Manoscritti Segreti di Qumran, Piemme, Casale Monferrato (AL), 1994). Essi, ad esempio, si definivano come "I Perfetti della Via" (1QS).
In un primo tempo gli apostoli si raccolsero intorno a Pietro, ai figli di Zebedeo Giacomo e Giovanni. Poi dalla Galilea giunse Giacomo, fratello di Gesù, che ben presto diventò il capo carismatico del gruppo.
I nazirei si incontravano ogni giorno nel Tempio a pregare e poi si riunivano in casa di uno di loro per adempiere al rito esseno della frazione del pane. Tutte le testimonianze sono concordi nel riconoscere il loro straordinario zelo nella pratica del giudaismo rituale: la frequentazione del Tempio, la partecipazione ai sacrifici, l'osservanza delle festività e della legge ebraica, nonché il rispetto del voto di nazireato. "Ogni giorno tutti insieme frequentavano il Tempio e spezzavano il pane a casa prendendo i pasti con letizia e semplicità di cuore" (Atti 2,46). Giacomo benediceva il pane e lo distribuiva ai presenti. Questa agape fraterna, come leggiamo negli Atti, non aveva niente a che vedere con la cerimonia eucaristica di futura invenzione paolina. Ai cristiano-giudei sarebbe sembrato, infatti, sacrilego ed empio collegare questo pasto comunitario al corpo e al sangue di Cristo, in una specie di cannibalismo rituale. Seguendo le regole ascetiche della comunità qumraniana vivevano in lieta povertà, distribuendo ai poveri i beni di cui disponevano, soccorrendo gli orfani e le vedove nelle loro afflizioni e nei loro bisogni materiali e predicando l'imminente ritorno di Gesù dal cielo (Atti 4,32-35).
Mai passò loro per la mente che la fede nel ritorno del Risorto volesse preludere alla nascita di una nuova religione, staccata dall'ebraismo. Anzi consideravano questa aspettativa come un suo completamento, secondo quanto avevano detto le Scritture e i profeti. La dimostrazione di ciò sta nell'assidua frequentazione del Tempio, cui abbiamo accennato prima. Stando ai primi capitoli degli Atti, essi non avevano alcuna cognizione della natura divina di Gesù; lo ritenevano semplicemente un uomo prescelto dal Signore, e perfino la sua resurrezione non era qualcosa che lo riguardasse esclusivamente, ma un segno dell'inizio dell'era messianica. Se, infatti, avessero proclamato la divinità di Gesù-Dio non avrebbero mai potuto frequentare il Tempio e avrebbero rischiato la lapidazione per la violazione del principio fondamentale dell'ebraismo: il monoteismo. La deificazione di Cristo, che inizierà con Paolo presso i cristiani-ellenisti di Antiochia e verrà poi perfezionata dai Padri della Chiesa e da Costantino imperatore, era allora inconcepibile per i cristiano-giudei della Chiesa di Gerusalemme, che ignoravano pure la nascita verginale, l'istituzione dell'eucaristia e tutte le altre invenzioni mitologiche successive. I rapporti col nazireato e con l'essenismo erano strettissimi.
Infatti avevano scarsa considerazione per l'aspetto esteriore, per ogni forma di lusso e di comodità e non usavano mai forbici e rasoi. In coerenza con la loro tradizione rivoluzionaria e messianica, erano fermamente convinti che la Fine dei Tempi fosse vicina, che Gesù sarebbe tornato sulle nuvole per compiere la redenzione d'Israele e ricostruire il Regno di Dio, provocando la catarsi finale di Israele prima e del mondo dopo.
Infatti Dio: "ha fissato un giorno in cui, a rigor di giustizia, giudicherà il mondo per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone sicura prova col risuscitarlo dai morti" (Atti 17,31).
Questo Risorto era Gesù uomo, non Gesù Figlio di Dio. L’aspettativa escatologica, tema costante della predicazione di Gesù, era fermamente annunciata come imminente, per cui tutti erano convinti di assistervi prima della loro morte.
Lo zelo dei nazirei nel rispettare rigorosamente la Legge, il loro amore per la povertà e la dedizione ai bisognosi favorirono la crescita costante, anche se lenta, del loro numero, che rimase pur sempre limitato (G.Thiessen, Gesù e il suo movimento, Claudiana, Torino, 1979, p. 150), e coinvolsero anche farisei e parte del basso clero.
Probabilmente, usavano come strumento di evangelizzazione una raccolta di epitomi scritti in aramaico che diede poi origine al Vangelo degli Ebrei o Protovangelo di Matteo, fatto distruggere dalla Chiesa e sostituito dai quattro Vangeli, oggi considerati canonici. Gesù era sempre rimasto un ebreo fedele alle prescrizioni della Legge e la sua predicazione si era rivolta esclusivamente ai figli d'Israele. Infatti, sopravvivono nei Vangeli tracce inequivocabili che mettono in bocca a Gesù dei detti, senz'altro autentici, in cui egli dichiara che la sua missione era rivolta esclusivamente alle pecore smarrite della casa d'Israele e non ai pagani, paragonati in modo rozzo e sprezzante a “cani e porci” (Matteo 7,6 – 15,22-26).
Egli non aveva mai tentato di convertire i non ebrei, non li aveva mai indotti a lasciare il politeismo per il monoteismo. Ciò in accordo con la concezione jahvista, che avendo un carattere inequivocabilmente etnico-religioso, non ammetteva che nella causa messianica potessero essere coinvolti anche i non ebrei. I suoi primi seguaci, quindi, seguendo la sua linea, continuarono a diffondere la nuova dottrina esclusivamente tra gli ebrei.
Per quanto riguarda l'osservanza della Legge, considerata imprescindibile per i cristiano-giudei di Gerusalemme, ma rinnegata successivamente da Paolo, essa trova una chiara conferma nei Vangeli. "Non una iota, non un apice cadrà dalle legge" (Matteo 5,18), concetto che viene ribadito anche nella Lettera di Giacomo (Giacomo 2,8).



1 commento:

  1. Spett.le Leo Zen, sono un suo ammiratore ho letto con sommo interesse alcuni suoi libri. Purtroppo non riesco a trovare una copia de "La mala religione". Lei potrebbe procurarmene una (ovviamente a pagamento). Grazie e buon lavoro.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)