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martedì 24 marzo 2015

37 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte seconda. La Parusia e la nascita del cristianesimo giudaico. 3

Nel 44, quando Agrippa I, nipote di Erode il Grande, fu nominato dall'imperatore Claudio re della Giudea e del territorio dello zio, il tetrarca Filippo, avvenne una dura repressione nei loro confronti. Appena insediatosi come re di Gerusalemme, costui, già intimo amico di Caligola, si alleò coi sacerdoti del Tempio nell'intento di reprimere con durezza ogni gesto d'insofferenza del popolo contro i romani.
Così, si diede ad arrestare e a uccidere zeloti e messianisti ed anche i seguaci di Gesù, equiparati a questi ultimi e sempre odiatissimi dai grandi sacerdoti e dagli erodiani.
Si riteneva, infatti, che il loro movimento predicasse la rivolta contro la casta sacerdotale e il disprezzo verso le autorità costituite, in quanto affermava che lo stato di cose di allora sarebbe presto finito per far posto alla realizzazione messianica in cui Gesù sarebbe tornato come re per governare lo Stato dei Santi.
Tra i molti arrestati ci furono Simon Pietro e Giacomo, figlio di Zebedeo e il fratello di costui Giovanni. Giacomo, e forse anche Giovanni, furono giustiziati di spada (condanna che presupponeva un'accusa politica) per ordine del re, mentre Pietro riuscì a fuggire dal carcere.
Il re non osò toccare l'altro Giacomo, il fratello del Signore, perché da tutti troppo stimato e considerato un santo. Sia negli Atti sia nelle Lettere di Paolo, Giacomo fu considerato il principale esponente della Chiesa di Gerusalemme. Da come ci viene descritto da Eusebio di Cesarea era senz'altro un esseno ed anche uno che aveva fatto voto di nazireato.
"Costui (Giacomo) era santo fin dal grembo materno. Non beveva vino né altre bevande inebrianti e non mangiava assolutamente carne. Mai forbice toccò la sua testa; non si spalmava di olio e non prendeva il bagno. Non indossava abiti di lana, ma solo di lino. Era solito recarsi da solo nel Tempio. Lì stava in ginocchio implorando perdono per il popolo talché le sue ginocchia erano diventate callose come quelle di un cammello, perché stava continuamente genuflesso a pregare Dio." (Eusebio di Cesarea, Storia ecclesiastica, op. cit., II, 23, 4-18). La persecuzione non durò molto perché Agrippa I morì poco dopo e Simon Pietro poté rientrare a Gerusalemme. Da allora i cristiano-giudei non furono più molestati.
Dobbiamo tener presente, però, che il cristianesimo in questa prima fase del suo processo evolutivo, era tutt'altra cosa da quello pacifista, degiudeizzato, spoliticizzato e salvifico che conosciamo oggi, dopo la trasformazione teologica operata da Paolo e divenuta definitiva in seguito alla distruzione della Chiesa di Gerusalemme nelle guerre giudaiche del 70 e del 135. Esso era ancora strettamente legato al messianismo jahvista e in stretta relazione con la setta degli zeloti e l'essenismo.
Prima di affrontare l'irruzione di Paolo nel cristianesimo giudaico e la sua creazione del neocristianesimo, ci soffermiamo brevemente ad esaminare l'origine dei due nomi coi quali venivano chiamati i cristiano-giudei: nazirei ed ebioniti. Il termine "nazireo" deriva dal titolo col quale nei Vangeli è chiamato Gesù: "Iesous o Nazoraios" in greco, “Jeoshua ha Nozri" in ebraico, che non significa, come abbiamo già spiegato: "Gesù di Nazareth o Gesù il Nazareno o il Nazaretano" ma "Gesù che aveva fatto voto di Nazireato." Sulla nascita del nazireato rimandiamo il lettore al capitolo su Nazareth.
L'altro termine: "ebioniti" deriva da "ebionim" i "poveri", uno dei nomi che si davano gli esseni di Qumran (L.Moraldi, I Manoscritti del Mar Morto, Utet, Torino, 1975, pag. 49).. Secondo le informazioni dateci da Giuseppe Flavio e Filone Alessandrino e confermate dai Rotoli del Mar Morto, essi rifiutavano la proprietà privata e la ricchezza e donavano agli altri i loro beni terreni quando diventavano membri della comunità.
Nella letteratura qumraniana spesso i membri della setta sono chiamati così: "i poveri". Leggiamo nel Documento di Damasco: "allorché Dio visiterà la terra… quelli che gli prestano attenzione sono i poveri (Ebionim) del gregge; questi saranno risparmiati nell'epoca della visita, mentre i restanti saranno dati alla spada, quando verrà il Messia" (Documento di Damasco 19,5-10). Anche nel Commentario ad Abacuc, altro testo esseno, i seguaci del Maestro di Giustizia sono definiti "ebionim" (i poveri). Questo termine non era riferito tanto agli indigenti, a coloro cioè che dovevano vivere in povertà per mala sorte o per un rovescio di fortuna, ma piuttosto a quelli che avevano scelto la povertà come libera elezione, come dispregio della ricchezza, e che ritenevano la frugalità un sovrabbondante benessere. Come appunto gli esseni (Filone, Quod omnis probus sit liber, Utet, Torino, 1998). Eusebio di Cesarea ci conferma che gli "ebioniti" erano una setta che derivava direttamente dagli insegnamenti dell'apostolo Giacomo a Gerusalemme (M.Black, The Scrolls and Christian Origins, Nelson, London, 1961 (ristampa 1983).


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)