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martedì 16 giugno 2015

61 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte quarta - Il Cristo Gnostico

Due furono i grandi miti greci a fondamento del cristianesimo antico: il mito del dio divenuto uomo, che soffre e muore immolandosi per la salvezza dell'umanità come Dioniso, Eracle, Attis, Mitra e così via, e il mito dell’anima prigioniera della materia e della sua liberazione ad opera di un redentore divino: il Logos. Il primo mito diede origine alla teologia paolina di cui abbiamo parlato diffusamente in precedenza, il secondo fu appannaggio della Gnosi e diede origine al Cristo Gnostico.
Finora abbiamo delineato le tre figure assunte da Gesù nei primi secoli della nostra èra. Abbiamo cominciato col Gesù storico, il nazireo-esseno-zelota che si era proclamato Messia davidico ed era finito crocifisso per ribellione armata contro Roma.
Poi siamo passati al secondo Gesù, quello che i suoi seguaci, dopo la sua presunta resurrezione, avevano proclamato come Messia Martirizzato, destinato, secondo la profezia di Daniele, a tornare in tempi brevi sulla Terra per fondare il nuovo regno di Dio.
Infine abbiamo delineato il terzo Gesù, quello teologico, inventato da Paolo di Tarso a seguito delle sue visioni celesti e divinizzato come figlio di Dio. Tutte e tre queste figure implicavano un'origine terrena e carnale di Gesù, affermavano cioè che era nato da una donna mortale, era vissuto come uomo ed era stato crocifisso soffrendo la morte. Ma accanto a questi tre Gesù che abbiamo descritto, dal secondo al quinto secolo della nostra èra se ne era diffuso un altro, il Cristo Gnostico, che a differenza degli altri tre non era di natura terrena, non essendosi mai incarnato, ma puro spirito, inviato come Logos da Dio, sotto parvenze umane, per redimere l'umanità. Di esso la massa dei cristiani, e forse anche molti ecclesiastici, sono completamente all'oscuro perché la Chiesa, fin dal quinto secolo, ha provveduto a cancellare ogni traccia che lo riguardasse.
Oggi, dopo la fortunosa scoperta nel 1945 a Nag Hammadi, in Egitto di una piccola biblioteca di 52 codici, quasi tutti gnostici, risalenti a più di 1500 anni fa, tra i quali importantissimi: il Vangelo di Tommaso, il Vangelo di Filippo, il Vangelo di Maria Maddalena e quello pubblicato recentemente (aprile 2006) come Vangelo di Giuda Iscariota, che forniscono la prova dell'esistenza di un cristianesimo ben diverso da quello che è giunto fino a noi, il Cristo Gnostico è diventato di grande attualità per gli studiosi. Vale le pena perciò di darne un breve cenno. Prima però di delineare questa nuova figura di Cristo è necessario chiarire, sia pure sommariamente, i postulati epistemologici sui quali si fondava lo gnosticismo sviluppatosi alla scuola d’Alessandria per influsso di Filone, filosofo ebreo contemporaneo di Cristo, che interpretò la Sacra Scrittura in forma platonica (vedi il Timeo di Platone) e in chiave allegorica.
Il mito centrale dello gnosticismo filoniano, che derivava da un antico movimento religioso che assommava speculazioni cosmogoniche, riti misterici e mistica devozione, partiva dal presupposto che Dio era una sorgente di luce posta al centro del cosmo da cui si dipartivano miriadi di entità incorporee (scintille divine) essenzialmente spirituali, chiamate “Eoni”.
Questi Eoni, allontanandosi dalla sorgente di luce divina, subivano una specie di collasso ontologico, si rivestivano di materia corruttibile e piombavano nelle tenebre. L'ultimo eone, l'anima umana, incarnandosi nel corpo materiale, dimenticava la sua origine divina e diventava di conseguenza schiavo del dolore, del male e della morte (M. Craveri, Vangeli Apocrifi, Einaudi, Torino, 1990).
Ma la scintilla divina, presente in ogni essere umano, sentiva un anelito possente a ricongiungersi al Dio Padre da cui era partita. Ecco quindi l'esigenza di una fede ragionata (gnosi) che permettesse all'uomo di liberarsi della schiavitù della materia, di riprendere conoscenza della sua natura divina e risalire a Dio attraverso gli insegnamenti di un Logos Salvatore. Secondo gli gnostici ad aiutare l'uomo al ricongiungimento con la luce divina sarebbe sceso in terra un Redentore, primogenito di Dio, che dopo aver insegnato agli uomini la via della liberazione, sarebbe sceso nell'Ade e poi asceso in cielo.
Evidentissima analogia con la cristologia della preesistenza. L’uomo celeste, il Redentore e Rivelatore, venne da molti gnostici dei primi quattro secoli immedesimato nella persona di Gesù, considerato il modello perfetto dell'uomo spirituale inviato da Dio sulla Terra per un puro gesto d'amore e dotato di una natura essenzialmente unica e spirituale. Per il teologo e vescovo Valentino, il massimo maestro gnostico del secondo secolo, anche la carne di Cristi era composta di spirito (Tertulliano, De Carne Christi, XV, 1, Rizzoli, Milano, 2000).
Secondo gli gnostici gli uomini si potevano dividere in tre categorie: gli ilici, nei quali le due nature, quella umana e quelle divina, non si incontravano mai per cui non erano in grado di superare gli angusti limiti della propria natura materiale e rimanevano per tutta la vita a livello dei bruti; gli psichici, nei quali la coscienza, pur essendo potenzialmente in grado di attingere alla fonte interiore della verità, non raggiungeva la liberazione perché offuscata dalla nebbia dell’errore; e, infine, gli pneumatici che erano i pochi in grado di giungere ad una piena conoscenza di se stessi e della propria doppia natura materiale e divina e, quindi, di ricongiungersi al Plèroma, cioè a Dio.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)