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venerdì 11 marzo 2016

20– Il falso Jahvè. La religione dei grandi misteri. 1

La religione dei grandi misteri si articolava su due punti fondamentali: 1) il pantheon politeistico era da considerarsi - come abbiamo già visto - un'istituzione illusoria e fittizia, sia pure utile al popolo e allo Stato; 2) la vera religione ammetteva l'esistenza di un unico Dio, invisibile e senza nome, l'Essere che tutto crea e tutto comprende.
Gli iniziati, dopo essere stati istruiti sulla natura fittizia degli déi della religione popolare, apprendevano che, al di là del mondo quale appare ai nostri sensi, esisteva un divino che non si poteva attingere seguendo i precetti cultuali dei sacerdoti, in quanto oltrepassava ogni nostra possibilità di comunicazione linguistica e di rappresentazione iconica, ma si poteva soltanto cogliere con la mente nella visione mistica.
Questo divino era la Natura che dal suo intimo faceva nascere il mondo, lo animava e gli infondeva vita. Per Natura non s'intendeva però il mondo visibile, manifesto a tutti, bensì il mistero che nessun mortale comune scopre e che solo pochi eletti possono contemplare con l'epòpteia, la visione mistica. La Natura non era "l'evidenza naturale”, non aveva niente a che vedere col mondo visibile e corporeo che tutti noi percepiamo, poiché questo mondo materiale altro non è che esteriorità ed è recepito esclusivamente dai sensi e non ha in sé nulla di velato.
Il Dio Supremo, invece, era concepito come invisibile e nascosto, contenente tutte le cose e diffuso attraverso tutte le cose: un'unica divinità universale e onnicomprensiva. Per gli egizi il Dio Uno (to Hen), origine invisibile del Tutto, si manifestava o si celava dietro un velo nel Tutto (to Pan). Pan era quindi la manifestazione di Hen, era "tutte le cose", cioè l'equivalente della Natura. Quindi, Dio e Natura andavano considerati come unità, come tutte le cose nel loro insieme, come Universo. Orapollo, autore degli "Hieroglyphica", definiva il concetto egizio di Dio come uno spirito che si diffonde per l'intero mondo e pervade ogni cosa fin nella più intima essenza.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)