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giovedì 24 marzo 2016

Il protocristianesimo fu caratterizzato da un livello culturale piuttosto basso. 253

Nei primi due secoli non solo il livello culturale e sociale dei fedeli cristiani era molto scarso, ma anche quello dei capi cristiani non era allora molto più elevato. Il più eminente avversario dell’eresia nella Chiesa antica, il Vescovo di Lione Ireneo, in uno scritto del 190 ammette, non senza imbarazzo, di «non avere dimestichezza con la scrittura», cioè con la Bibbia, il che non gli impediva di polemizzare con asprezza contro i presunti eretici, scrivendo: «Non vogliamo solo individuare la bestia, ma anche ferirla da tutti i lati» (Iren., adv. Haer. 1, 31).

Il Padre della Chiesa Tertuiliano ammise candidamente che fra i cristiani gli idioti erano sempre la maggioranza . Secondo una testimonianza ecclesiastica, nel Sinodo di Antiochia (324/325) persino la maggior parte dei Vescovi «era incompetente in questioni ecclesiastiche di fede» e riguardo al Concilio di Nicea (325) un contemporaneo scrisse che il livello intellettuale di molti padri sinodali era piuttosto basso e li bollò come dei veri e propri cretini (Socrate Scolastico, Storia della Chiesa 1,8) e in un resoconto degli atti del conclave di Nicea, Sabin, Vescovo di Eraclea, scrisse : “Eccetto Costantino stesso e Eusebio Panfilio (Eusebio di Cesarea), essi erano un gruppo di illetterati, creature semplici che non comprendevano nulla”.

Gli ambienti più colti del mondo ellenistico non respingevano solo la plebaglia protocristiana, ma anche la predicazione cristiana, che Tacito definiva «esecrabile» e Suetomo «una superstizione empia». In effetti i Vangeli, specie i tre sinottici, non erano allora in grado di attirare una sola persona colta, scritti com’erano nella Koiné greca del linguaggio popolare e denotanti, con troppa evidenza, sia nello stile che nei motivi le tracce della loro provenienza popolana.

Agli intellettuali essi dovettero apparire, come nota il filologo Eduard Norden, dei «monstri stilistici» oppure, come scrive Heinrich Ackermann, una «demenza di Siriani incolti. Alla fine del II secolo Celso, che vede nella Chiesa «solo stolti e anime di schiavi», così si esprime: «Non siete in grado di mascherare credibilmente le vostre invenzioni nemmeno con le menzogne» (Orig., Cels. 3, 18; 2, 26).

Qualche tempo dopo lo stesso apologeta del paganesimo stigmatizza le dottrine cristiane come «vaneggiamenti», «favole di nutrici», «storielle di un’immaginazione malata e pessimi motivi consolatori», «invenzioni di poeti rimasticate» dai cristiani con eccessiva leggerezza a pro del loro Dio.

Il Cristianesimo, dunque, fin oltre la metà del II secolo comprendeva in generale ceti sociali molto bassi, tanto che molti intellettuali, seguendo Celso, aprirono la polemica letteraria contro i cristiani, mettendo in risalto la loro pochezza intellettuale e culturale. Infatti, la scienza antica rimase decisamente un appannaggio pagano fino al IV secolo.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)