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giovedì 26 maggio 2016

Altri scrittori e dottori ecclesiastici che rigettarono la filosofia. 262

Due importanti scrittori ecclesiastici, imbevuti interamente di filosofia, ma che la rigettarono o la odiarono, forse perché senza di essa non riuscivano a cavarsela, furono Minucio Felice e Tertulliano. Minucio, avvocato romano passato piuttosto tardi al cristianesimo, nel dialogo Octavius, stilisticamente pregevole, nonostante dimostri una piena aderenza al pensiero filosofico greco-romano, una profonda conoscenza degli Stoici, di Platone, di Cicerone e di Virgilio, giunge a definire Socrate «l’attico folle» e la filosofia «il vaneggiamento della superstizione», nemica della «vera religione» (Mm. Felix 38, 5; 1, 5; 38, 7). Una totale e assurda incoerenza.

La posizione di Tertulliano è analoga. Coltissimo in campo filosofico, molto legato agli scrittori profani, soprattutto in modo pedissequo ai seguaci della Stoa, incoerentemente condannò con durezza la cultura greca, che non aveva, a suo dire, nulla a che spartire col cristianesimo. Quando essa riusciva ad accostarsi alla verità, ciò accadeva per caso o si trattava di un furto. Rifacendosi a Paolo, Tertulliano inoltre riprovava assolutamente e totalmente la scienza e l’arte, considerate da lui insegnamenti di uomini e di demoni, meri orpelli seducenti , definiti semplici stupidità. Arrivò al punto da considerare Platone, tanto venerato da numerosi Padri della Chiesa, «il condimento di tutti gli eretici».

Anche il Dottore della Chiesa Ambrogio scorge nel filosofo greco nient’altro che un cervello poco originale, che trae le sue cose migliori dalla Bibbia (Ambr., de bono mortis 2, 51). Egli, quantunque abbondantemente imbevuto di filosofia, condannò.senza esitazione la cultura antica come rivale del cristianesimo, e respinse radicalmente come un attacco alla maestà di Dio soprattutto la scienza naturale, già irrisa da Lattanzio come mera insensatezza. Il Cristianesimo antico nel suo insieme non fece quasi nessun progresso nel campo delle scienze, e la Chiesa medievale provvederà poi a mandare sul rogo gli studiosi dei fenomeni naturali.

La Chiesa più antica, dunque, giudicava la filosofia pagana in modo assai diversificato; siamo di fronte a un’evoluzione dottrinale del tutto contraddittoria, a un contrasto di principio. Se gli uni sostengono un’originalità assoluta, una radicale alterità del Vangelo rispetto a tutta la cultura antica, gli altri vi scorgono un’organica prosecuzione e un coronamento del vecchio.

La poesia pagana (specialmente a causa della mitologia) viene solo parzialmente accettata da Atenagora, Giustino, Clemente Alessandrino ma da quasi tutti gli altri Padri della Chiesa viene del tutto condannata come ispirata dal demonio e assolutamente dannosa. Del pari l’arte figurativa dei pagani, completamente accolta da Ireneo, viene decisamente rifiutata da tutti gli altri, soprattutto da Taziano e Teofilo.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)