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giovedì 19 maggio 2016

I Padri della Chiesa avversari della filosofia. 261

Nel cristianesimo primitivo non esisteva una concezione unitaria per cui ai Padri della Chiesa che consideravano la filosofia greca propedeutica alla fede si contrapponevano quelli che,al contrario, consideravano le asserzioni dei filosofi «come dannose e pericolose, e tali da distogliere da Dio» (Greg. Naz., or. 43 e. 11). I primi, legati alla filosofia allettavano i colti, mentre i secondi, ad essa ostili, attiravano la massa composta da spiriti sempliciotti, che basavano la loro religiosità sulla semplicità evangelica.

Il siriano Taziano, il discepolo più eminente di Giustino esaltatore della filosofia, in pieno contrasto col suo maestro, la combatté appoggiandosi unicamente alla tradizione biblica ed evidenziando l'inconciliabilità della dottrina di Gesù con la scienza pagana. Egli irride, con sarcasmo, l'intera cultura greco-romana definendola presuntuoso chiacchiericcio, insulta i romani chiamandoli «spacconi», definisce gli ateniesi «fanfaroni»; chiama Eraclito stolto e ciarlatano, Diogene (quello della botte) un «ghiottone». Arriva, perfino, a considerare Platone,venerato da altri scrittori della Chiesa quasi come Gesù stesso, un venduto per crapula insieme a tutta la sua sapienza mondana.

Un altro nemico della cultura pagana, il vescovo Teofilo, intorno al 180, fustiga con ferce ironia i «cosiddetti sapienti, poeti o storiografi», «le ciance di sciocchi filosofi», «le fandonie menzognere degli scrittori e la falsità delle loro teorie». Oltraggia Platone, ampiamente saccheggiato dalla Chiesa antica, come «redattore di storielle bugiarde» e condanna in massa i rappresentanti della cultura greca come uomini che «non hanno trovato nemmeno la più piccola scintilla di verità e neppure unasua pur piccolissima briciola».

Secondo Eusebio di Cesarea, sesto Vescovo di Antiochia, uno degli episcopati più importanti della Chiesa antica, l'ostilità del vescovo Teofilo verso la cultura pagana giunse quasi al delirio, facendogli dire, con tutta serietà (ma per noi in totale follia), che Epicuro diffondeva l’incesto con madri e sorelle, e che Zenone e Diogene insegnavano ad ammazzare i genitori per divorarli!

Per il Dottore della Chiesa Ireneo i filosofi erano atei per definizione mentre per il Padre della Chiesa Ippolito le tendenze eretiche che si diffondevano sempre più tra i cristiani erano originate proprio dalla filosofia greca (Hippol., ref. 1, 26; 5, 14). Infine, la Didascalia siriaca raccomandava al cristiano:«Tienti lungi da tutti gli scritti dei pagani; infatti, che cosa pretenderesti di ottenere con parole estranee o con leggi e false profezie, che sono capaci di allontanare i giovani anche dalla fede? Cosa ti manca della parola di Dio per precipitarti su codeste storie dei pagani?» (Syr. Didasc.c.2).


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)