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martedì 3 maggio 2016

35– Il falso Jahvè. L'Esodo 7

La guerra contro l'idolatria comportò durissimi scontri tra Mosè e i suoi seguaci se è vero che “in qualunque punto del deserto gli Israeliti si fermassero, incominciavano a farsi degli idoli” (Rabbi Juda, in Pirq. Eliez., pag. 47).
La conferma del persistere dell'idolatria nel popolo ebraico nel corso delle sue peregrinazioni nel deserto ci viene dalla stessa Bibbia nell'episodio celeberrimo del vitello d'oro. Mosè, al ritorno dal Monte di Dio, più conosciuto come Monte Sinai, dove si era fermato quaranta giorni per far credere alla sua gente di aver ricevuto le Tavole della Legge scritte dal dito di Dio, si avvicinò all'accampamento e trovò il popolo che danzava festoso intorno al vitello d'oro che si era costruito durante la sua assenza. Il popolo gridava in preda all'esaltazione: “Questo, o Israele, è il tuo Dio che ti ha fatto salire dal paese d'Egitto” (Esodo, 32,34). Di fronte a questa scena, Mosè , "pieno di collera, buttò via le tavole e le spezzò ai piedi della montagna. Poi prese il vitello che avevano fatto, lo gettò nel fuoco e ridusse in polvere quel che restava " (Esodo 32,15-20).
Ma non si limitò a questo. "Allora Mosè si mise all'ingresso dell'accampamento e disse: Chi sta con il Signore venga qui. I membri della tribù di Levi si riunirono intorno a lui, ed egli disse loro: Questo è l'ordine del Signore, il Dio d'Israele. Ognuno di voi prenda la spada! Percorrete l'accampamento da un capo all'altro e uccidete tutti i colpevoli: fratelli, amici o parenti! I leviti ubbidirono a Mosè, e in quel giorno morirono circa tremila persone "(Esodo 32, 26-27).
Un eccidio in piena regola, voluto da Mosè in nome di un Dio che ormai aveva perduto ogni connotazione della sua primitiva sublime divinità.
L'episodio, oltre a dimostrarci la spietatezza di Mosè, c'illumina anche sull'origine e il ruolo dei Leviti, cui abbiamo già accennato. Secondo la Bibbia, i Leviti (i soli esenti dal possesso di terra e quindi non censiti) discendevano da una delle dodici tribù d'Israele, quella di Levi, figlio di Giacobbe e di Lia. Erano Leviti Mosè e Aronne. Ma è certo che Mosè era un egiziano, ed è più che probabile che i Leviti fossero, a loro volta, egiziani, quel gruppo di suoi compatrioti, seguaci del Dio Aton, che assieme a lui avevano abbandonato l'Egitto. Ciò spiegherebbe, secondo molti studiosi, la loro incondizionata sottomissione a Mosè e il loro essere pronti a massacrare, senza battere ciglio, i compagni di viaggio, etnicamente diversi, che dissentivano dal loro capo.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)