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giovedì 30 giugno 2016

Il Vecchio Testamento messo a nudo da Marcione. 267

 Il rifiuto del Vecchio Testamento per opera di Marcione ebbe in un primo momento parecchi sostenitori, soprattutto tra gli gnostici cristiani. Ma non solo, anche un teologo ortodosso come Ireneo dovette prendere atto della differenza di valori tra i due libri: Antico e Nuovo Testamento, pur ritenendo entrambi egualmente ispirati da Dio. Il Vescovo tedesco Wulfila (310-383) percepì il contrasto in modo tanto forte che nella sua traduzione della Bibbia in gotico, compiuta intorno al 370, il monumento più antico della letteratura tedesca, ignorò parte dei testi in essa contenuti, ritenendoli troppo crudeli e temendo una possibile reviviscenza dello spirito guerriero del suo popolo, diventato ariano.

Poi le cose cambiarono e l'Antico Testamento, ricco di storie di inaudita crudeltà (e, com’è noto, di oscenità) fu riconfermato come testo fondamentale del cristianesimo che ne accolse pienamente lo spirito, come appare assai evidente dalle persecuzioni e dai genocidi dalla Chiesa perpetrati attraverso i secoli contro tutti coloro che la pensano in modo diverso.

È uno degli aspetti più grotteschi del cristianesimo aver accettato quale spirito universale reggitore del mondo una delle divinità nazionali più crudeli e vendicative della storia delle religioni, parto di un’ibrida coscienza tribale. Quando Jahvè, come altri dèi plasmati fisicamente e spiritualmente a immagine dell’uomo, ordina di uccidere gli abitanti di un paese sconfitto: «Non lascerai in vita nessun’anima» (5 Mos. 20, 13 sgg.) e ancora, «Se Jahvè, il tuo Dio, li ha posti nelle tue mani, tu devi uccidere con la spada tutti i maschi, e godere invece delle donne, dei bambini, del bestiame e di tutto ciò che si trova nella città», ciò dimostra abbondantemente quanto poco sia stato un Dio per tutti gli uomini.

Solo raramente, come mostra la Bibbia, questo totem tribale si trasformò in un Dio Signore universale, mantenendo, però, sempre fermi i suoi tratti nazionalistici. A ragione, dunque, i Marcioniti definivano Jahvè un assassino. Ma che razza di dio è costui, si chiedevano essi, che per il servizio divino si fa macellare uomini e bestie, figli e figlie? Che vuol perseguitare il delitto sui figli fino alla settima generazione? Che distrugge con la peste ben 70.000 gerosolimitani solo per punire Davide? Che ordina: «Prendi tutti i principi del popolo e impiccali al sole, per il tuo Signore»? (4 Mos. 25, 4) L’antitesi stridente fra questo libro, imperniato sulla crudeltà e la vendetta e l'essenza della dottrina di Gesù, che predica l'amore universale e perfino dei nemici, fu messa fuoco per la prima volta da Marcione e solo nei tempi moderni accolta dagli spiriti liberi e anticonformisti.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)