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venerdì 6 gennaio 2017

100– Il falso Jahvè. Incongruenze storico-linguistiche dei testi biblici 3

Ma sono citati da Redford diversi altri esempi. Dal punto di vista linguistico, i testi dell'Antico Testamento sono stati composti molto dopo gli eventi che riportano, in quanto prima del IX secolo a.C. non esisteva una scrittura ebraica. Questa si sviluppò subendo abbondanti adattamenti e cambiamenti, conseguenti alle vicende storiche. Anche l'alfabeto subì una graduale trasformazione: partendo dalla forma fenicia giunse, durante l'esilio, alla forma quadrata attuale (B. Comrie, The Major Languages of South Asia, the Middle East and Africa).
Il linguista David Benedek della Hebrew University di Gerusalemme (The Language and Dialects of Ancient Israel) conferma che i testi dell'Antico Testamento hanno avuto una stesura tarda e afferma che non poterono essere stati scritti se non dopo che gli assiri avevano occupato la Palestina, intorno al 725 a.C. Infatti, durante il secolo in cui gli Assiri dominarono il Regno del Nord, si sviluppò in Israele una lingua ibrida conosciuta come l'ebraico mishnaico.
Benedek sostiene che molti passi dell'Antico Testamento hanno un senso, o funzionano liricamente, solo se scritti in questo linguaggio ibrido. Un tipico esempio citato da Benedek è la parola "beth", che in mishnaico significa sia casa sia famiglia, mentre nell'ebraico arcaico venivano usati due vocaboli diversi per indicare le due cose. Ma le discrepanze sono molto diffuse in tutto il testo a dimostrazione che il racconto deriva da più fonti.
Nella storia di Giuseppe (Genesi, 37), il padre si chiama sia Giacobbe sia Israele; i fratelli odiano Giuseppe per i suoi sogni, ma in altre parti del racconto, lo detestano piuttosto per essere lui il prediletto del padre; ancora, Giuseppe risulta venduto a mercanti sia ismailiti sia madianiti. A Bersabea e a Bethel viene dato il nome due volte (Genesi 21,31 e 26,33; 28,19 e 35,15). Il suocero di Mosè si chiama sia Reuel sia Ietro (Esodo 2,18 e 4,18). Gli esseri umani sono creati dopo tutti gli altri animali (Genesi 1), mentre l’uomo è creato prima delle altre creature (Genesi 2). Ci sono lievi discrepanze anche riguardo le leggi: in Esodo (22,24) il sacrificio può essere offerto “in ogni luogo che vi ho riservato per onorarmi” (chiara allusione agli Alti Luoghi), mentre in Deuteronomio (12,14) il sacrificio può essere offerto solo in “un luogo che Dio sceglierà” (chiara allusione al Tempio di Gerusalemme costruito molti secoli dopo). Ma la discrepanza maggiore riguarda il fatto che Dio è chiamato con nomi diversi. In Esodo (6) viene affermato risolutamente che Mosè è il primo a chiamare Dio col suo nome proprio JHWH (Jahvè); mentre, secondo Genesi (4, 26), gli uomini cominciarono a invocare il nome di JHWH (il Signore) sin dal tempo di Giacobbe. Inoltre Dio si rivela in alcuni episodi biblici col nome di Elohim (“Dio”).


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)