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venerdì 9 settembre 2016

66– Il falso Jahvè. Il regno unito 5

La Bibbia, come vedremo tra poco, ha esagerato la grandezza e l'importanza di Salomone. Tutto ciò che racconta su di lui suona spropositato: la saggezza, la ricchezza, il numero di mogli e concubine. Agli occhi degli ebrei della cattività babilonese il periodo di Salomone dovette sembrare l'età d'oro d'Israele, e quindi la sua figura e le sue opere edilizie vennero accostate al fasto regale della città mesopotamica e mitizzate.
Il che non regge all'esame di una rigorosa analisi archeologica e storica (M. Magnusson, BC, op. cit., pagg. 138-136). Le ricerche effettuate nella Palestina del periodo non avallano la ricchezza attribuita alla corte di Salomone. Il materiale rinvenuto ci mostra una cultura materiale appena modesta. Lo stesso vale per il Tempio. Si trattava di un edificio relativamente piccolo e, anche ammessa la sua sontuosità, ci riesce difficile credere che abbia richiesto il lavoro di trentamila uomini per sbozzare le travi, ottantamila per estrarre le pietre dalle cave e settantamila per trasportarle.
Inoltre, nei tanti paesi vicini ad Israele, che nel X secolo a.C. stillavano cronache scritte, nessuno sembra essersi accorto dell'esistenza di questo sovrano che, a detta della Bibbia, viveva in una corte satrapesca, intratteneva intensi rapporti commerciali con gli Stati confinanti e stringeva con loro alleanze politiche.
Sebbene il faraone d'Egitto fosse suo suocero, nessun documento di questo paese fa riferimento a lui, e nessuna testimonianza storica conferma, per esempio, l'esistenza del regno di Saba, la cui regina sarebbe rimasta talmente colpita da Salomone da ritenerlo l'uomo più saggio della Terra. Quanto poi alla sua immensa produzione letteraria e poetica, nessuno degli studiosi è del parere che sia attribuibile a Salomone. I suoi tremila proverbi e i suoi numerosi canti furono importati dall'Egitto e lentamente integrati nella religione di Jahvè. Il famoso Giudizio di Salomone (1 Re 3,16-28) è da ascrivere ad una leggenda di nomadi, e le opere letterarie, quali Proverbi, Cantico dei cantici, Ecclesiate o Qohelet e la Sapienza sono tutte opere pseudoepigrafate posteriori.

2 commenti:

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)