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giovedì 29 settembre 2016

Fine del Montanismo. 277

Nonostante la morte di Montano avvenuta intorno al 175, il montanismo si diffuse in in molte contrade dell'Asia Minore, con frange anche in Gallia, Africa e perfino a Roma. Lo straordinario appoggio di Tertulliano, molto conosciuto nel mondo cristiano dell'epoca, favorì la sua diffusione. La Chiesa poté sconfiggere il Montanismo solo al prezzo di lunghe battaglie e con l'appoggio degli imperatori dopo Costantino.

Nel VI secolo su ordine dell’imperatore cristiano Giustiniano, istigato dai vescovi bizantini e occidentali, i montanisti furono annientati, bruciandoli nelle loro abitazioni insieme alle donne e ai bambini. Il fallimento del movimento fu dovuto al rigore della sua etica e alla proclamazione della prossima fine del mondo, risalenti entrambi a Gesù. Anche il suo rigore morale disturbava la massa cattolica già ampiamente mondanizzata. Ma la ragione principale era dovuta soprattutto all'opposizione dei vescovi monarchi.

Il montanismo, infatti, considerava se stesso la vera Chiesa spirituale, poneva l’autorità dei profeti al di sopra di quella dei vescovi burocrati, lo spirito al di sopra della lettera, l’entusiasmo al di sopra dell’organizzazione. Combattendo il montanisti, i vescovi difendevano le proprie personali posizioni di potere assoluto.

Poiché la predicazione dei montanisti non contraddiceva affatto la dottrina della Chiesa, i loro avversari per combatterli ricorsero alla diffamazione più volgare e brutale, come era avvenuto coi marcionisti. Sparsero voci diffamatorie sulla loro condotta, inventarono la storia del suicidio di Montano e di Massimilla e della morte violenta del loro protettore Teodoto. Il cattolico d’Asia Minore Apollonio diffamò i martiri montanisti, il cui martirio è ben attestato. Si arrivò alle menzogne più inverosimili accusando Montano di avere «macellato dei piccoli bambini, tagliandoli in minuscoli pezzi per un infame banchetto, col pretesto ch’essi dovevano servire per quelli che chiamano i loro misteri» (Cyrill., caL 16, 8).

Questa storiella orripilante, in origine messa in giro dai pagani contro i cristiani, fu fatta propria poi da molti Padri della Chiesa, che se ne servirono contro gli «eretici» insieme ad altre invenzioni pagane.
Alcuni moderni storiografi cattolici hanno continuato a calunniare i montanisti definendo «demenziale» nel complesso il loro movimento (Daniel-Rops, Die Kirche, 378); altri lo hanno passato più decentemente sotto silenzio, come non fosse mai esistito, o quasi. In una storia della Chiesa di ben 850 pagine composta da uno storico cattolico (Schuchert, 189 sg.) il montanismo viene liquidato in queste poche righe: «Il fondatore della setta fu Montano, un neofita d’Asia Minore. Il movimento che da lui prese le mosse fu il primo movimento fanatico nella Chiesa». Tutto qui.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)