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giovedì 8 settembre 2016

Il Montanismo. 274

li esordi del movimento montanista risalgono alla seconda metà del II secolo ad opera del predicatore Montano, coadiuvato da importanti seguaci, quali: Alcibiade, Teodoro, le profetesse Priscilla, Massimilla e Quintilla, che avevano abbandonato le loro famiglie per dedicarsi alla missione cristiana. In principio il Montanismo non fu considerato né un’eresia né uno scisma.

I suoi seguaci furono bene accolti dalle comunità ortodosse e il vescovo romano Eleuterio giudicò il movimento benevolmente e perfino il dottore della Chiesa Ireneo si recò da Lione a Roma per portargli il suo appoggio. Ai montanisti non interessavano né le questioni speculative né i problemi dogmatici ma rivitalizzare il messianismo evangelico purgandolo dalla filosofia greca, combattere la burocratizzazione crescente e la mondanizzazione della Chiesa. La devozione non doveva essere regolata normativamente, ma doveva vivere di entusiasmo carismatico come nel cristianesimo primitivo.

Il Montanismo si differenziava radicalmente dal Marcionismo per il suo stretto legame con le tradizioni giudaico-messianiche, rinnegate da Marcione, ma aveva tuttavia in comune con esso la concezione di un ethos più rigoroso e una adesione più ligia ai precetti evangelici. . Inoltre, come Marcione, riconosceva che la morale cristiana, generalmente insegnata e praticata allora, era molto scaduta per adattarla al gusto delle masse, per cui entrambi questi grandi movimenti si prefiggevano di rinnovarono la Cristianità con l’ethos originario.

È sintomatico il fatto che Tertulliano, il cervello più fine della Chiesa del suo tempo, dopo la condanna definitiva del Montanismo, abbracciò

il movimento montanista per protesta contro la progressiva secolarizzazione della Chiesa ufficiale. Il feroce antieretico divenne a sua volta un eretico. L’uomo che aveva lottato aspramente per lo sviluppo della Chiesa bollò con parole di fuoco non solo la condanna della prassi profetica e il soffocamento dei carismi, ma la tendenza a scuotere le fondamenta stesse della probità cristiana in seguito all’editto del vescovo romano Callisto (217/18) che, senza menzionare né Dio né Cristo, prometteva la remissione dei peccati di adulterio e di lussuria a chi avesse fatto penitenza. Questo editto, che introdusse nella Chiesa l'istituto della confessione, secondo Tertulliano avrebbe dovuto essere pubblicato nei bordelli piuttosto che nelle chiese.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)