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giovedì 22 settembre 2016

Evoluzione della confessione. 276

Con un editto del 217 o del 218 Callisto, divenuto papa dopo una vita contrassegnata da truffe e carceri, non solo consentì la remissione dei peccati di lussuria, apostasia e omicidio ma, secondo papa Ippolito, consentì «che le donne di ceto superiore avessero un concubino di propria scelta, sia schiavo che libero, e che costui venisse considerato suo marito, pur senza un regolare matrimonio» (Hippol., ref 9,12,24 sg.).

Ma oltre a permettere tali nozze libertine «a donne di ceto elevato», decretò anche che un vescovo, per quanto peccatore, non potesse essere deposto, nemmeno in caso di colpa contro lo Spirito Santo. Quindi questo papa che istituì la confessione, ci fa capire lo stato di degrado del clero romano del suo tempo.

Lo stato di penitente era all’inizio molto gravoso. Doveva confessare il suo peccato pubblicamente e sottoporsi a dure penitenze che implicavano: severi digiuni, rigorose astinenze e lunghe pratiche di pietà. Nell’ VIII secolo, fu introdotta la “Penitenza tariffata” in basa alla quale per ogni peccato da espiare occorreva pagare un “prezzo” o “tariffa” penitenziale. Gli abusi che ne seguirono furono enormi, per cui dovette essere abolita.

Nel XII secolo la situazione peggiorò perché fu introdotto l’uso della “Compositio”, cioè il riscatto della penitenza con il versamento di una somma in denaro. Questa istituzione si trasformò ben presto per la Chiesa in un affare colossale perché consentì ai ricchi, elargendo terre e somme di denaro, di cancellare in tal modo i loro peccati, e alla Chiesa di arricchirsi e aumentare il suo potere. La penitenza diventò un autentico mercato.

Nel IV Concilio Laterano del 1215, la confessione divenne obbligatoria per i cattolici, almeno una volta all’anno e nel 1477 le indulgenze a pagamento furono estese persino ai defunti. Così la Chiesa poté lucrare anche sui morti. Capitalisti laici ne fecero un affare: il famigerato predicatore di indulgenze Tetzel nei suoi viaggi era sempre accompagnato da un rappresentante della Banca Fugger.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)