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martedì 12 maggio 2015

51 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte terza. Paolo a Roma.

Durante il suo soggiorno nella capitale dell'Impero per essere processato da Nerone, egli divenne perfettamente consapevole di aver giocato la carta vincente. Infatti, a Gerusalemme la situazione stava rapidamente precipitando.
Giacomo, fratello del Signore, il suo nemico più accanito, veniva nel frattempo vilmente lapidato per ordine del sommo sacerdote Anania, nonostante godesse della stima dei farisei. Continui focolai di rivolta scoppiavano dovunque e l'intera Palestina, in preda ad un messianismo frenetico e delirante, veniva travolta dalla guerra giudaica che si sarebbe conclusa con la fine di Israele e la distruzione di Gerusalemme.
Non sappiamo se Paolo ebbe modo di conoscere, in tutto o in parte, questi avvenimenti, che senz'altro aveva previsti, perché dopo due anni di permanenza a Roma, in attesa del processo, di lui si perse ogni traccia. La tradizione vuole che durante la presunta persecuzione di Nerone del 64 sia stato martirizzato. Ma è l'ipotesi meno attendibile. Il "Frammento Muratoriano", conservato nella Biblioteca Ambrosiana, si dice che Paolo, prosciolto dalle accuse, se ne andò in Spagna come aveva preventivato di fare nella Lettera ai Romani (Romani 15,24).
Questa tesi fu condivisa da Clemente Romano che nel 96, data molto vicina ai fatti, affermò che l'apostolo giunse all'estremo limite dell'Occidente, allora ritenuto la Spagna. Conferme di questo viaggio si troverebbero anche in Acta Petri e Acta Pauli e, più tardi, in Atanasio, Giovanni Crisostomo e Girolamo.
Il martirio a Roma, per decapitazione, fu menzionato nel 200 da Tertulliano, senza una documentazione adeguata. Eusebio di Cesarea, Padre della Chiesa e contemporaneo di Costantino, nel suo Chronacon lo fa morire nel 67, poco prima dell'uccisione di Nerone.
Alcuni studiosi ipotizzano, invece, che sia vissuto più a lungo e che dopo aver visitato la Spagna, Creta e la Macedonia sia morto di vecchiaia a Nicopoli in Epiro, dove aveva preventivato di ritirarsi fin da quando era a Roma, ed abbia avuto modo di organizzare la Chiesa da lui fondata dotandola di una solida gerarchia.
La cosa più stupefacente è che gli Atti, che sembrano stati scritti in funzione di Paolo, s'interrompano bruscamente nel 62, quasi a significare che tra Paolo e il suo biografo ci sia stata una rottura brusca e irreparabile.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)