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giovedì 14 maggio 2015

Il disprezzo gesuano di qualsiasi cultualismo esclude categoricamente che Gesù sia stato il creatore della Chiesa. 212

Gesù infrange tutti i formalismi e le minuzie della Legge, non osserva il sabato, si preoccupa poco del digiuno (Mt. 9, 14; Mc. 7, 7), disprezza i vacui esercizi dei bigotti (Mt. 15, 9; Mc. 7, 7), anteponendo l’amore del prossimo e la riconciliazione col nemico all’atto sacrificale. Sdegnato, schernisce coloro che abbandonano a se stessi i propri genitori, ma recano preziosi doni al Tempio; coloro che recitano interminabili preghiere e poi divorano i patrimoni delle vedove (Mc. 7, 9 sgg.; Mt. 23, 14). Respinge le formule confessionali (Lc. 6, 46; Mt. 7, 21), nega l’utilità delle prescrizioni purificatrici (Mc. 7, 15; Mt. 15, 11), si contrappone all’autorità delle Scritture (Mt. 5, 21; 27; 31;38; 43), raccomanda la preghiera lontana dalla pubblicità e condanna il cicaleccio e le belle parole: «Quando pregate, non dovrete fare le tiritere dei pagani, che credono di venire ascoltati a furia di parole» (Lc. 5,34; Mc. 2, 19; Le. 11, 37 sgg.).

Effettivamente i romani usavano l’espressione deos fatigare, cioè «fiaccare gli dei mediante le parole». Gesti rifiutava, inoltre, una quantità enorme di altre usanze cultuali (Lc. 5, 34; Mc. 2, 19; Lc. 11, 37 sgg.) Ogni imposizione rituale e cultuale venne da lui trascurata e venne da lui dichiarato veramente degno e gradito alla divinità solo il fattivo amore del prossimo.

Come accettare dunque che Gesù, cui stava a cuore solo «l’essenziale», abbia voluto creare un'istituzione così complessa come la Chiesa Cattolica, dotata di un pomposo e mastodontico apparato ecclesiastico, di una gerarchia piena di etichette, cariche, titoli, udienze, baciamani e prosternazioni, liturgie, sacramenti, festività e prescrizioni di ogni genere, nonché innumerevoli templi sfarzosi? Come ritenere che da lui origini la teologia morale cattolica, che spacca il capello in due, né più né meno della morale farisaico-rabbinica del suo tempo e che tenta di imporre coercitivamente a tutti, anche ai non credenti sempre più numerosi, i suoi valori barattandoli per non negoziabili, ma in realtà oppressivi di ogni libertà e negatori di ogni diritto umano e civile?

Il disprezzo gesuano di qualsiasi cultualismo, di qualsiasi moralismo ipocrita e oppressivo, porta ad escludere categoricamente ch’egli sia stato il fondatore di una simile istituzione religiosa e dei suoi complessi apparati dogmatici e sacramentali, perché tale esteriorizzazione dell’eticità gli era del tutto estranea e perchè la sua fede apocalittica, incentrata sull'imminente nella fine del mondo, lo escludeva totalmente.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)