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venerdì 18 settembre 2015

84- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte sesta. L'ascetismo (Parte seconda)

Una mortificazione così drastica e assoluta degli istinti più naturali e, soprattutto, la demonizzazione e repressione del sesso, rendevano gli asceti continuamente ossessionati da pensieri perversi e lascivi. Infatti tutti costoro erano incessantemente tentati dal sesso, identificato con Satana, e vivevano tra continui tormenti. Santa Teresa d’Avila confessava che di continuo ogni vizio era in lei risvegliato, ed era talmente ossessionata dal sesso che spesso, in presa ad un isterismo orgasmico, scambiava i suoi deliranti amplessi con Gesù per autentici rapimenti mistici. Anche Santa Caterina da Siena si dichiarava perseguitata da intere schiere di demoni, che lussuriavano nella sua cella e persino in chiesa.
San Girolamo, autore della Vulgata (la Bibbia tradotta in latino), dottore e Padre della Chiesa, confessava che, pur vivendo tra bestie e scorpioni, era continuamente tormentato da visioni di belle fanciulle danzanti che lo tentavano. «Il mio volto era pallido per il digiuno, ma nel corpo freddo lo spirito ardeva di caldissime brame, e nella fantasia di un uomo, la cui carne era da lungo tempo pressoché morta, ribolliva ancora il fuoco di maligne libidini».
Ma chi fu ad introdurre nel cristianesimo questa forma aberrante e psicotica di penitenza? Non Gesù, che non l’ha né predicata né praticata. Nei Vangeli non ne troviamo traccia. Anzi leggiamo che i farisei lo trattavano da gaudente perché ignorava i digiuni e partecipava con gioia ai banchetti. E allora?
È stato Paolo di Tarso, il San Paolo della Chiesa. Nelle sue Lettere, come abbiamo già riferito, egli si scaglia con delirio contro il corpo, da lui chiamato la “carne”, considerato la sede del peccato, e impone al cristiano di «spossare e asservire il corpo», di «ucciderlo» (1 Cor. 9,27; Galati, 5,24; Romani, 8,13; Colossesi 3,5), in quanto esso è un «corpo di morte» e «odio contro Dio» (Romani, 7,18; 7,24; 8,6 sgg.
Dobbiamo solo a lui l’introduzione nel cristianesimo, di cui è l’assoluto inventore, di questa forma disumana e mostruosa di rinuncia alle gioie della vita e ai sani istinti del corpo. Le turpitudini che egli attribuisce all'uomo sono infinite: fornicazione, impurità, libertinaggio, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dissenso, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezza, orge e così via (Galai 5, 19-21), tali da renderlo più malvagio degli animali allo stato brado.
Quindi la vita del cristiano, per contrastare la sua degradazione, doveva incentrarsi nell’ascesi. La Chiesa, fin dalle sue origini, ha accettato in pieno queste sue aberrazioni e ha considerato l'uomo il più infimo degli esseri viventi, un verme immorale e degradato, perennemente in preda alle nefandezze più perniciose e incapace da solo di perseguire la salvezza. Ecco perché per i Padri e Dottori della Chiesa (Basilio, Gregorio di Nissa, Lattanzio, Origene, Tertulliano e così via) il mondo andava inteso come una valle di lacrime e la vita terrena un “letamaio”. Si doveva sempre vivere nel lutto e nella penitenza, vestiti di stracci e coi capelli incolti. Lo scopo di tutta questa macerante penitenza, con la rinuncia a tutto quanto la vita può offrire di bello, buono, sano, utile e dilettevole? La beatitudine eterna nell’aldilà. Quale aldilà? Quello utopico, chimerico, creato da una favola infantile e che nessuno ha mai visto e dal quale nessuno ci è mai venuto a informare. Una bufala mostruosa, quindi, che magnificando un mondo fittizio ci impedisce il pieno godimento di quello reale. Oggi, nell'era del secolarismo e consumismo imperanti, nel mondo cattolico l'ascetismo è passato di moda e la massa ne ignota l'esistenza. Ma la Chiesa persegue nella sua malsana visione di intendere l'uomo un essere degradato e peccaminoso che deve, dal momento del concepimento a quello dell'inumazione, ritenersi totalmente sottoposto alla sua autorità in quanto incapace di godere di libertà e di autodeterminazione. Ecco perché essa, sempre nemica implacabile della felicità umana, vieta tutte le gioie che esprimono i veri valori della vita.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)