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martedì 22 settembre 2015

85- “L'invenzione del cristianesimo” - Parte sesta. Il degrado della donna a creatura volgare e carnale.

Paolo considerava la fornicazione il peccato per antonomasia per cui l'ascetismo da lui imposto aborrì il sesso e degradò la donna , con marcato disprezzo, a volgare entità sessuale, ignorando la grande considerazione che Gesù aveva nutrito per le molte discepole che lo accompagnavano nei villaggi della Galilea.
Per di più, l'affermazione di Paolo che la caduta del primo uomo Adamo doveva essere attribuita ad Eva, accrebbe il dileggio nei suoi confronti, al punto che Tertulliano, dottore della Chiesa, scrisse con palese acredine: “A causa tua (Eva, donna) il Figlio di Dio dovette morire. Tu dovresti sempre essere vestita a lutto con stracci”. Ecco perché nella Chiesa, fin dai primi secoli, la donna è stata considerata inferiore all'uomo e vista come una creatura volgare, carnale e seduttrice. È Eva, la peccatrice per antonomasia (Tertulliano, De exhortatione castitatis 9,10).
La misoginia di Paolo viene sottolineata nelle sue Lettere in più occasioni. "Non concedo a nessuna donna di insegnare, né di dettare legge all'uomo; piuttosto se ne stia in atteggiamento tranquillo. Perché prima è stato formato Adamo e poi Eva; e non fu Adamo ad essere ingannato, ma fu la donna che, ingannata, si rese colpevole di trasgressione. Essa potrà essere salvata partorendo figli, a condizione di perseverare nella fede, nella carità e nella santificazione, con modestia" (Timoteo 2,12).
Tutti i grandi dottori della Chiesa abbracciarono in pieno la misoginia paolina e furono concordi nell'affermare che la donna doveva servire solo alla propagazione della specie. Ma per altro, secondo le farneticazioni di Tommaso d'Aquino, anche in questo ruolo essa trascinava in basso dalla sua sublime altezza l’anima dell’uomo, portando il suo corpo in «una schiavitù più amara di qualsiasi altra».
Le affermazioni di questi sommi dottori riguardo all'inferiorità della donna arrivano alla pura demenzialità. Alberto Magno affermava con sicumerica supponenza che dovrebbero essere generate solo persone perfette, cioè uomini. Tuttavia, «affinché l’opera della natura non vada completamente distrutta, essa plasma un essere femminile». La qual cosa poteva dipendere da una «corruptio instrumenti», vale a dire da una errata operazione del sesso maschile. Quindi, secondo lui, anche la Madonna, idolatrata dai cristiani come madre di Dio, sarebbe nata per una carenza funzionale del pene di suo padre Gioacchino.
Un altro grande misogino e sessuofobo fu sant'Agostino per il quale solo «Cristo fu concepito senza piacere carnale, esente dalla macchia derivante dal peccato originale», mentre tutti noi veniamo al mondo con una natura decaduta. Da notare che fino ai trent'anni Agostino condusse una vita tutt'altro che morigerata, anzi decisamente peccaminosa, accompagnandosi con più donne e perfino con bambine. Oggi sarebbe stato giudicato un pedofilo. Dopo la conversione, però, arrivò a disprezzare la donna a tal punto da definirla, demenzialmente, un essere inferiore, creato da Dio non a sua immagine e somiglianza (mulier non est facta ad imaginem Dei).
Non solo aborriva il sesso ma anche il matrimonio in quanto lo considerava, spregiativamente, il veicolo di trasmissione del peccato originale. Scrisse: «Mariti, vogliate bene alle vostre mogli, ma amatele nella castità (sic). Insistete nelle opere della carne nella misura in cui è necessario per la procreazione. Dal momento che non è possibile generare figli in altro modo, dovete vostro malgrado, degradarvi perché è questa la punizione di Adamo».
Quindi il sesso è aborrito come piacere e visto soltanto come degradato dovere procreativo. A lui risale la condanna dei metodi di contraccezione che oggi la Chiesa, che ha fatto suoi tutti gli insegnamenti di Agostino, equipara ad autentici omicidi. Agostino li definiva «veleni della sterilità» e considerava le donne che ne facevano uso come le «meretrici dei propri mariti».
Sulla scia di Paolo e di Agostino per quasi venti secoli la donna è stata dileggiata da dottori e teologi in mille modi: «porta del diavolo» (Tertulliano), «male di natura» (Giovanni Crisostomo), «insaziabile» di piacere (Girolamo), «di mente instabile» (Gregorio I), «sacco di escrementi» (Odo, abate di Cluny), «una sorta di inferno» (Pio II), «osso in soprannumero» (Bossuet), arrivando, in casi estremi, a negare perfino che possedesse l'anima. Solo, infatti, nel Concilio di Trento le fu apertamente riconosciuto di possederla. Ecco perché nel Medioevo la donna «non aveva nessuna autorità, non poteva insegnare, né testimoniare … né giudicare» (Decretum Gratiani, XII sec.) e nemmeno accostarsi «ai sacri altari» (papa Gelasio). Fino al XX secolo le fu vietato perfino di “servire” messa o cantare in chiesa (motivo quest’ultimo per cui dal Cinquecento, avendo bisogno di voci bianche, si ricorse alla castrazione).
La pretesa inferiorità della donna, perdurata nella dottrina della Chiesa fino al XX secolo, servì a giustificare non solo la sua estromissione dal sacerdozio ma anche la sua totale sottomissione all'uomo. Per Leone XIII «il marito è il principe della famiglia e il capo della moglie» (Arcanum divinae). Per Pio XI «l’ordine dell’amore» richiede «da una parte la superiorità del marito sopra la moglie ed i figli, e dall’altra la pronta sottomissione e ubbidienza della moglie» (Casti connubii, 1930).
Solo a partire dal Vaticano II, grazie anche all’influenza del movimento femminista, cominciò a essere posta in discussione la  misoginia cattolica. Ma soltanto a parole. Infatti, anche se il Catechismo della Chiesa (1992) afferma la parità dei sessi, negando l’idea paolina che solo l’uomo sia “immagine di Dio”, la Chiesa, non non ha mai voluto riconoscere di aver discriminato la donna per venti secoli e ancor meno ha voluto trarre le conseguenze del suo nuovo orientamento.
Ancor oggi, infatti, continua a negare alla donna l'accesso al sacerdozio con motivazioni infantili e persiste nel suo anti-femminismo medievale.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)