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venerdì 30 ottobre 2015

96 - “L'invenzione del cristianesimo” - Parte ottava. L'antisemitismo.

L'antisemitismo, che ha seminato milioni di vittime tra i figli d'Israele dal Medioevo ai nostri giorni, è stato voluto e imposto dalla Chiesa. La tendenza antiebraica si sviluppò in essa durissima fin dal II secolo. Già allora Giustino, Padre della Chiesa, definì gli ebrei: «uomini cattivi, spiritualmente malati, idolatri, scaltri e astuti, iniqui peccatori, assolutamente duri di cuore e privi di ragione».
Esultando per la distruzione della Palestina ad opera dei romani e per la legge che vietava agli ebrei di rimetter piede a Gerusalemme, scrisse: «È giusto e buono che vi sia capitato... a voi figli degeneri, genia di adulteri, figli di prostitute» (Giustino, Dialogo con l'Ebreo Trifone 12 sgg; 16 sgg.; 26 sgg.). Tutti gli altri Padri seguirono il suo esempio e, accusando gli ebrei di aver condannato a morte Gesù, il figlio di Dio, li esecrarono coi peggiori epiteti.
Innocenzo III nel 1205 definì gli ebrei «schiavi maledetti da Dio» e, anticipando Hitler, impose loro di indossassero determinati vestiti o di portare precisi contrassegni che li distinguessero dai cristiani. Per la Chiesa tutti gli ebrei avevano ereditato non solo il peccato originale ma anche la colpa del deicidio, quindi erano più rei dei comuni eretici.
Così, in tutta l’Europa cristiana i figli di Israele vennero uccisi a migliaia e migliaia, con le più atroci torture: annegati, bruciati, posti alla ruota, impiccati, squartati, strangolati e sepolti vivi. Su ordine del clero venivano trascinati con funi o per i capelli al fonte battesimale per una conversione coatta.
Nel XV secolo, per sottolineare il ribrezzo della cristianità nei confronti degli ebrei, furono istituiti i ghetti, prototipi dei futuri lager nazisti. Insomma tutta la cristianità, plagiata dalla Chiesa, odiò a morte gli ebrei e coi pogrom diede loro la caccia fino al secolo scorso (C. Mannunci, L’antisemitismo cristiano e le sue radici, Mondadori, Milano 1993).
Progressivamente, sempre per colpa della Chiesa, l’antisemitismo, dapprima solo religioso, si trasformò in razzismo, cioè in odio razziale. Già nel 1880, in un documento approvato da Leone XIII si proclamava: “Oh quanto sono illusi e in errore coloro che pensano che l’ebraismo sia solo una religione, come il cattolicesimo, e non in realtà una razza, un popolo, una nazione! Poiché gli ebrei non sono ebrei soltanto per la loro religione, sono ebrei anche e specialmente per la loro razza”.
Naturalmente, di razza inferiore, per cui con l'avvento di Hitler vennero sterminati a milioni nei lager nazisti. La Chiesa, guidata da papa Pio XII, si è guardata bene dal contrastare questo eccidio, anzi, col suo assordante silenzio, lo ha quasi incoraggiato. Infatti, eletto papa nel 1939, Pio XII mise da parte una enciclica contro l’antisemitismo e il razzismo, preparata dal suo predecessore, e, nonostante fosse a conoscenza delle stragi degli ebrei, non reagì con proteste scritte o verbali.
Le leggi razziali, emanate dal fascismo, non furono mai contestate da questo papa e nel 1942 egli rifiutò di associarsi alla condanna espressa dagli Alleati per l’uccisione degli ebrei. Quando cadde il fascismo e Badoglio chiese al Vaticano cosa fare di quelle leggi infami, gli fu risposto di mantenerle in vigore. Furono gli anglo-americani, infatti, che imposero a Badoglio di abrogarle
Sotto il pontificato di questo papa nessun nazionalsocialista di base, nessun nazista di alto livello o appartenente allo Stato maggiore del Reich, è stato scomunicato; nessun gruppo è stato escluso dalla Chiesa per aver praticato il razzismo, l’antisemitismo o fatto funzionare camere a gas. Adolf Hitler non è stato scomunicato e il suo libro “Mein Kampf” non è stato mai messo all’Indice.
È accaduto, invece, che molte autorità vaticane (tra le quali il vescovo Alois Hudal), con l'appoggio incondizionato di papa Pio XII e del cardinal Montini (poi papa Paolo VI), aiutarono segretamente membri delle SS, come Adolf Eichmann, Martin Bormann, Heinrich Mueller, Franz Stangi e centinaia di altri, a fuggire in Sud America e in Medio Oriente, per impedire il loro arresto e la loro condanna come criminali di guerra.
A questo punto nasce spontanea una domanda: questo immane olocausto sarebbe stato possibile se la Chiesa, per più di 1700 anni, non avesse vilipeso, additato al pubblico ludibrio, e ferocemente perseguitato i figli d’Israele? Non è significativo, a questo proposito, il fatto che soltanto nel 1965, durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa abbia ritirato ufficialmente l’accusa collettiva di «deicidio» nei confronti del popolo ebraico? Non è altrettanto significativo che il papa emerito Benedetto XVI abbia ripristinato nelle preghiere l'invocazione a Dio per la conversione dei giudei (pro perfidis iudaeis)?
Le mancate scuse del Vaticano per non aver condannato lo sterminio degli ebrei sotto Hitler sono state imposte dal dogma che i papi sono, per definizione, infallibili, per cui la Chiesa ha sempre ragione e non c'è nulla nella storia ecclesiastica che richieda un mea culpa. Di conseguenza, nessun papa può criticare le azioni del suo predecessore e deve garantire, sempre e comunque, la totale autoassoluzione della Chiesa. Papa Giovanni Paolo Il, nonostante le sue aperture verso gli ebrei, non ha mai pronunciato una sola parola per criticare Pio XII, e Benedetto XVI, con somma protervia, sfidando l'opinione pubblica mondiale, lo ha proposto per la beatificazione.
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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)