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giovedì 8 ottobre 2015

Perché i testi del Nuovo Testamento sono privi di ogni veridicità. (Parte prima) 231

Tre sono le date fondamentali che evidenziano in modo inconfutabile la poca o nulla attendibilità dei 27 documenti che sostituiscono il Nuovo Testamento e che sono quindi a fondamento del cristianesimo: sono gli anni 1859, 1198, e, infine, 1585.
Cominciamo dal 1859. Il 14 febbraio di quell'anno il tedesco Constantin von Tischendorf (1815-1874), un professore di teologia che aveva dedicato tutta la sua vita allo studio delle origini del Nuovo Testamento, scopre nel monastero di Santa Caterina sul Monte Sinai un codice antico di 346 fogli, scritto in greco su pelli d'asino, che riportava il Vecchio e Nuovo Testamento. Questo codice, datato dagli archeologi tra il 330-350 d.C.  si è subito rivelato un autentico tsunami nei confronti del mondo cristiano. Decretato unanimemente dagli studiosi come il più vecchio e integro Nuovo Testamento del mondo, ha consentito di evidenziare, in modo inconfutabile, le migliaia di falsificazioni intenzionali fatte in tutti i moderni Nuovi Testamenti oggi in circolazione.

La Chiesa cattolica ha rabbiosamente ma inutilmente cercato in tutti i modi, fin dal 1883, di annullarne la validità perché mette in discussione la sua stessa esistenza, accusandolo di scandalosa mutilazione di testi. Ma l'assurdo è che anche questo vecchio codice ci è giunto alterato con sovrabbondanti errori e gravi editazioni del testo originario. Queste anomalie furono svelate dai risultati di mesi di esami all'ultravioletto, eseguiti dal British Museum di Londra, nella cui libreria si trova il documento, a metà degli anni '30.

Le scoperte evidenziarono la sostituzione di numerosi passaggi, ad opera di almeno nove differenti redattori. Le fotografie scattate durante i test hanno rivelato che i pigmenti dell'inchiostro erano rimasti in profondità nei pori della pelle e quindi le parole originali, benché raschiate, erano leggibili sotto la luce ultravioletta. Comunque, è ciò che NON c'è in questo Codice che imbarazza la Chiesa, cioè le sue le molteplici, eclatanti omissioni. La più straordinaria è quella che riguarda la dottrina centrale della fede cristiana: la resurrezione e le apparizione di Gesù Cristo risorto e la sua ascensione in cielo. La Chiesa sostiene che la resurrezione e l'ascensione di Gesù Cristo è condizione essenziale (sine qua,non) della cristianità, come confermano le parole di Paolo: "Se Cristo non è risorto, la nostra fede è inutile" (1 Cor. 5:17).


Ma la resurrezione e le successive apparizioni di Gesù risorto non sono riportate nel Vangelo di Marco, il più antico dei quattro, mentre nelle versioni odierne essa viene raccontata con oltre 500 parole (Marco 16:9-20). Non solo queste narrazioni sono mancanti nel Nuovo Testamento sinaitico, ma sono assenti anche in quello Alessandrino, in quello Vaticano (sesto secolo), nella Bibbia di Beza, e in un antico manoscritto latino di Marco, detto codice "Q" dagli analisti. Mancano anche nella più antica versione Armena del Nuovo Testamento, nei manoscritti del sesto secolo della versione Etiopica, e nella Bibbia Anglosassone del nono secolo. Solo in qualche Vangelo del 12° secolo si trovano le prime narrazioni della resurrezione contrassegnate col segno dell'asterisco, usato dagli scribi per indicare passaggi spuri in un documento letterario.


Quindi i versetti sulla resurrezione nell'odierno Vangelo di Marco sono universalmente dichiarati come falsi e la Chiesa, obtorto collo, è costretta oggi a riconoscerlo, dicendo "la conclusione di Marco è dichiaratamente non genuina ... quasi l'intera sezione è una compilazione successiva" (Encyclopaedia Biblica, vol. II, p. 1880, vol. III pp. 1767, 1781). Quindi, il Vangelo di Marco del Codice Sinaitico trasmette la "prima" narrazione di Gesù Cristo nella storia, completamente diversa da quella che è nei Vangeli moderni. Nel prossimo post verranno esemplificati altri eclatanti manipolazioni attuate nei corso dei secoli con l'aggiunta di migliaia di parole rispetto all'originale Codice Sinaitico.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)