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mercoledì 28 luglio 2010

Anzio dedica una statua a Nerone

A fine giugno ad Anzio è stato inaugurato un monumento bronzeo a Nerone, il più controverso imperatore della storia romana. «Probabilmente è l'unico monumento al mondo - afferma il primo cittadino Luciano Bruschini, -  dedicato all'Imperatore Nerone, nostro concittadino».

Infatti nel piedistallo della statua viene scolpita questa dedica: «Nerone Claudio Cesare Augusto Germanico, nato ad Anzio il 15/12/37 d.C. con il  nome di Lucio Domizio Enobarbo, figlio di Gneo Domizio Enobarbo e di Agrippina Minore, sorella dell'imperatore Caligola. Nel 54 d.C. divenne imperatore per acclamazione dei pretoriani. Durante il suo principato l'impero conobbe un periodo di pace, di grande splendore e di importanti riforme. Morì il 9/06/68 d.C.».

Questo monumento suona come una riabilitazione tardiva ma forse legittima di questo imperatore pluridileggiato dalla storia. Che Nerone sia stato responsabile dell'incendio di Roma e della prima persecuzione dei cristiani - come crede fermamente il popolino plagiato dalla Chiesa e da opere letterarie, antistoriche per non dire demenziali (come il famosissimo Quo Vadis), nonché da una certa cinematografia grottesca - è, per molti storici rigorosi, una delle tante leggende inventate dalla Chiesa per dimostrare, attraverso il martirio di Pietro, che il primato sulla cristianità spetta come sede, per diritto storico, a Roma (e non a Gerusalemme, dove il cristianesimo era nato), e al suo vescovo, quale successore di Pietro.

Gli storici latini che parlano di Nerone sono tre: Tacito, Svetonio e Dione Cassio. Di questi tre, solo Tacito nel XV libro degli "Annali" mette in relazione la persecuzione dei cristiani con l'incendio della città. Gli altri due ignorano questo legame.

Ma, cosa ancor più significativa, i padri della Chiesa: Clemente, Ireneo, Eusebio, Origene e Ambrogio, ignorano nei loro scritti la persecuzione ordinata da Nerone che, sicuramente, avrebbero ben volentieri strombazzata, se avvenuta,  per controbattere coloro che negavano l’esistenza dei cristani a Roma nel I secolo, e per dimostrare il martirio di Pietro e Paolo. Perfino Agostino, che nel suo libro "De Civitate Dei" elenca gli avvenimenti accaduti a Roma precedentemente al "sacco" eseguito da Alarico nel 410, non accenna all'incendio e alla persecuzione. Quindi nessun padre della Chiesa ha mai citato questo passo di Tacito in una sua opera, fino al XV secolo.

E allora come la mettiamo con lo storico latino, ritenuto al di sopra di ogni sospetto? Riconoscendo, affermano questi studiosi. (Vedi Voltaire,John Wilson Ross, P.Hochart, J. Rougé, A. Drews e C. Saumang). che il brano XV.44 degli Annali è stato interpolato ed è quindi falso. Fu l'umanista italiano Poggio Bracciolini, segretario di papa Martino V e amanuense disinvolto (1380-1459), a falsificare gli Annali nel 1429. Come? Inserendo, quasi alla lettera, un passo di un certo Sulpicio Severo (IV secolo) che nella sua “Historia Sacra” (II-29), considerata al suo apparire una raccolta di assurde invenzioni, aveva raccontato per primo la persecuzione di Nerone.

E perché Bracciolini fece questa manomissione del testo di Tacito? Per confutare le contestazioni di quanti, papi e antipapi, durante lo Scisma d'Occidente che si era appena concluso al suo tempo,  avevano sollevato dubbi sulla legalità di Roma come sede del trono di Pietro. Il martirio dell'apostolo cadeva a puntino e toglieva ogni pretesto.

L'incendio di Roma nel 64, e di conseguenza la persecuzione contro i cristiani (del resto mai nominati da Tacito nelle sue Historiae), non sarebbero quindi attendibili secondo questi studiosi e ciò sarebbe confermato, sia pure in modo indiretto, anche da Giuseppe Flavio, il più famoso degli storici ebrei dell'antichità. Infatti, nel 64 egli si trovava a Roma in qualità di avvocato difensore di due rabbini, accusati dalle autorità romane di Gerusalemme di connivenza coi ribelli che già cominciavano a devastare la Giudea.

Ora, in nessuna delle sue opere vi è il pur minimo accenno alla persecuzione di Nerone e all'incendio che in quell'anno distrusse 10 dei 14 quartieri in cui si articolava la città. Poteva, uno storico pignolo come lui, ignorare completamente un fatto del genere?

«A distanza di venti secoli - ha precisato il sindaco di Anzio al momento dellinaugurazione- finalmente gli storici seri stanno rivalutando la figura di Nerone: un grande Imperatore, amato dal suo popolo, per le sue coraggiose riforme sociali e per il lungo periodo di pace che ha caratterizzato il suo principato che con questo monumento contribuiamo a ricordare come merita, superando ridicole ricostruzioni storiche e cinematografiche».

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)