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martedì 21 agosto 2012

La Cei ricorre alla pubblicità ingannevole per ingrossare il suo otto per mille.


Negli spot dell'8 per mille che la Chiesa Cattolica, sui canali televisivi, ci propina da mesi, la pubblicità ingannevole è attuata in piena regola. In essi abbonda il pietismo più becero e retorico: pretini che assistono vecchiette abbandonate, pie monachelle che curare malati nel terzo mondo, parroci che nelle periferie degradate delle città si occupano di tossicodipendenti, e così via. Ma è tutta una messinscena. Lo dice chiaro e tondo Alessandro Gallucci, esponente dell'Aduc, associazione per i diritti degli utenti e consumatori che ha presentato all'Antitrust una denuncia per pubblicità ingannevole.


«Nei messaggi pubblicitari si parla di aiuti ai più bisognosi, di denaro destinato a opere di beneficenza, insomma dell'utile e pia azione della Chiesa cattolica. Sembra che tutti i proventi dell'8 per mille siano destinati a scopi benefici. Non è così!». Sappiamo bene, invece, come vanno le cose: «Su circa un miliardo e mezzo di euro solamente il 22% è destinato a "interventi caritativi"», prosegue Gallucci. E il resto? «E' usato per esigenze di culto, sostentamento del clero, Sacra rota, ecc. Tutto lecito, per carità. Ma uno spot realizzato per chiedere il sostegno delle persone non dovrebbe dire la verità? Oppure bisogna far credere che i soldi dei contribuenti vadano in beneficenza quando nemmeno un quarto delle devoluzioni prendono quella strada? Il cittadino non è tenuto a sapere a che cosa viene destinata la sua scelta?».


Senz'altro e a maggior ragione se teniamo anche conto che la Cei, col sistema fraudolento della legge 222/85 che regola l'8 per mille, incassa molto di più di quanto dovrebbe, in base all'articolo 49 che prevede una riduzione automatica del gettito qualora questo subisca un incremento considerevole. Scrivono a questo proposito i Radicali: «nel 1990 la Conferenza Episcopale Italiana incassava 210 milioni di euro dall'8 per mille mentre a partire dal 2002 incassa più di 1 miliardo di euro l'anno. Cioè cinque volte quanto incassava vent'anni fa, mentre nello stesso periodo le spese per il sostentamento del clero sono diminuite a causa del crollo delle vocazioni».


Dunque, da almeno dieci anni l'aliquota dovrebbe essere stata ridotta almeno al 4 per mille, ma «la Commissione bilaterale che dovrebbe farlo non ha mai reso pubblici i suoi atti né le sue valutazioni. Proprio nel periodo in cui il Governo sta svolgendo una revisione della spesa pubblica per recuperare fondi utili alla riduzione del debito pubblico [...] si tratterebbe per lo Stato di un risparmio annuo di almeno 500 milioni di euro all'anno!». Ma il governo clerical-tecnico di Monti da quest'orecchio non ci sente. Molto meglio aumentare le tasse sui dipendenti e i pensionati senza toccare gli evasori fiscali, le lobby, le banche e la Chiesa. E la nostra classe politica imbelle e appecorata? Nasconde la faccia sotto la sabbia come gli struzzi per non vedere.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)