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martedì 28 agosto 2012

L'antisemitismo della Chiesa


Marina Caffiero recentemente ha pubblicato il libro “Legami pericolosi” (Einaudi) sui rapporti tra ebrei e cristiani, che mi porta a fare alcune riflessioni sull'antisemitismo.

L'antisemitismo, che per diciannove e più secoli ha seminato milioni di vittime tra i figli d'Israele, è stato uno dei maggiori crimini voluti e attuati dalla Chiesa. La tendenza antiebraica si sviluppò in essa durissima fin dal II secolo. Già allora Giustino, Padre della Chiesa, definì gli ebrei: «uomini cattivi, spiritualmente malati, idolatri, scaltri e astuti, iniqui peccatori, assolutamente duri di cuore e privi di ragione».

Esultando per la distruzione della Palestina ad opera dei romani e per la legge che vietava agli ebrei di rimetter piede a Gerusalemme, scrisse: «È giusto e buono che vi sia capitato... a voi figli degeneri, genia di adulteri, figli di prostitute» (Giustino, Dialogo con l'Ebreo Trifone 12 sgg; 16 sgg.; 26 sgg.). Tutti gli altri Padri seguirono il suo esempio e, accusando gli ebrei di aver condannato a morte Gesù, il figlio di Dio, li esecrarono coi peggiori epiteti.

Innocenzo III nel 1205 definì gli ebrei «schiavi maledetti da Dio» e, anticipando Hitler, impose loro di indossassero determinati vestiti o di portare precisi contrassegni che li distinguessero dai cristiani. Per la Chiesa tutti gli ebrei avevano ereditato non solo il peccato originale ma anche la colpa del deicidio, quindi erano più rei dei comuni eretici. Inoltre il Talmud il libro esegetico più importante dopo la Bibbia per il popolo ebraico, secondo la Chiesa conteneva «favole ingiuriose nei confronti di Gesù Cristo, la Vergine, i santi e la fede cristiana» e la sua diffusione poteva contaminare e contagiare i cristiani. Per cui alla persecuzione contro gli ebrei si aggiunse per secoli la caccia nelle sinagoghe e nelle case dei testi talmudici.

Nel maggio 1753, a Roma, trentotto carri di questi testi finirono al rogo in base ad un un decreto del 1553, «de combustione Talmud», promulgato dall'Inquisizione romana. Nel medioevo tutti le calamità che colpivano il mondo cristiano erano imputate agli ebrei come ad esempio la peste del 1348, che causò trenta milioni di morti, propagata, secondo la Chiesa, per mezzo di polveri e veleni gettati nelle acque. Nei secoli successivi, questa accusa non li abbandonò più.

Tra i cristiani erano diffuse le più diverse specie di superstizioni antisemite. Una leggenda antica e famosissima accusava gli ebrei di confezionare il pane azzimo della Pasqua impastando la farina col sangue di bambini cristiani, uccisi a questo scopo. L'avversione della Chiesa contro gli ebrei era così forte che più volte essa tentò, inutilmente, di abolire ogni rapporto tra mondo ebraico e mondo cristiano.

Una bolla del 1555 proibiva agli ebrei di avere una sia pur minima famigliarità con i cristiani: non dovevano frequentarli, visitarli, parlare con loro, giocare con loro, mangiare con loro, e soprattutto avere rapporti sessuali. Questi ultimi potevano provocare la condanna a morte. Progressivamente, sempre per colpa della Chiesa, l’antisemitismo, dapprima solo religioso, si trasformò in razzismo, cioè in odio razziale.

Nel 1880 Leone XIII dichiarava che gli ebrei non erano ebrei soltanto per la loro religione, erano ebrei anche e specialmente per la loro razza. Naturalmente, di razza inferiore, per cui con l'avvento di Hitler vennero sterminati a milioni nei lager nazisti. A questo punto nasce spontanea una domanda: l'olocausto del popolo ebraico attuato da Hitler sarebbe stato possibile se la Chiesa, per più di diciannove secoli, non avesse vilipeso, additato al pubblico ludibrio, e ferocemente perseguitato i figli d’Israele?

Non è significativo, a questo proposito, il fatto che soltanto nel 1965, durante il Concilio Vaticano II, la Chiesa abbia ritirato ufficialmente l’accusa collettiva di «deicidio» nei confronti del popolo ebraico? Non è altrettanto significativo che l'attuale papa Benedetto XVI abbia ripristinata nelle preghiere l'invocazione a Dio per la conversione dei giudei (pro perfidis iudaeis)?

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)