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domenica 6 novembre 2011

L'enigma svelato. (Il lato oscuro della verità) 92

Galvanizzati dalla trionfale entrata a Gerusalemme, i più duri tra i seguaci di Gesù, che nel frattempo erano giunti in città e si erano uniti al gruppo, progettarono allora una sfida contro le autorità del Tempio e gli stessi romani che, se riuscita, sarebbe stata come la prova finale, prima della ribellione, e avrebbe portato Gesù alla ribalta di tutta la Giudea e dell'intera Palestina. Consisteva nell'assalire con forze preponderanti i cortili del Tempio, rovesciare le bancarelle dei mercanti e dei cambiavalute e scacciare costoro come profanatori.

Quest'assalto, vero atto di guerriglia di stampo zelota, avrebbe dimostrato la forza della schiera messianica e avrebbe ottemperato a due istanze molto sentite dagli esseni: denunciare il degrado in cui era caduta la casa di Dio, ridotta a spelonca di mercanti e di cambiavalute, a mattatoio crudele di vittime innocenti, e colpire la cupidigia dei sacerdoti la cui brama di ricchezza era la negazione della vita semplice, umile e povera che predicava l'ascetismo esseno.
L'attacco fu condotto con una vera e propria azione di massa tanto che i romani, che erano a guardia dei cortili del Tempio, soverchiati dai dimostranti, decisero di asserragliarsi nella Torre Antonia, situata in linea d'aria a poche metri dal luogo, senza osare di intervenire.

Giuda e Davide erano nella loro locanda in città quando appresero dell'accaduto, e ne rimasero esterrefatti. Compresero che ormai la ribellione era imminente.
Tutta Gerusalemme rimase scioccata da quest'ultimo avvenimento e per le strade e nelle case non si parlava d'altro. Non solo alle istituzioni religiose ma anche al popolino il gesto suonò sacrilego. Infatti il mercato del Tempio non rappresentava per gli ebrei dell'epoca alcunché di empio in quanto era considerato il centro della vita economica della città.

“Con questo gesto” disse Giuda allibito, “Gesù e i suoi seguaci hanno firmato la loro condanna a morte e si sono alienati il favore popolare”.
Il sommo sacerdote Caifa decise di convocare immediatamente il sinedrio. I tre ultimi episodi, accaduti a breve distanza l'uno dall'altro, la resurrezione di Lazzaro, l'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme e la profanazione del Tempio, l'avevano colto di sorpresa e lo avevano convinto che la situazione stava rapidamente precipitando.

Soprattutto la profanazione del Tempio aveva reso la situazione insostenibile perché i romani, temendo che la loro ritirata strategica fosse stata scambiata per pavidità, stavano già predisponendo una dura rappresaglia. Tutti i rappresentanti del sinedrio, all'infuori di Nicodemo e di Giuseppe d'Arimatea che votarono contro, e Gamaliele che si astenne, furono concordi che il Galileo, così essi chiamano Gesù, andava subito eliminato con l'aiuto dei romani.

Ezra, che era procuratore di quel tribunale e capo della polizia del Tempio, fu inviato dal prefetto Pilato, che in quei giorni si trovava a Gerusalemme anziché a Cesarea, a proporre l'arresto del millantato Messia e della sua banda con l'accusa di insurrezione armata contro l'autorità imperiale e di obiezione fiscale. Il tribuno Terenzio, che comandava la guarnigione romana della Torre Antonia, fu avvertito di possibili attacchi roditori e di tenersi pronto, con la sua coorte, all'arresto del pericoloso ribelle al momento opportuno.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)