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venerdì 9 settembre 2011

In un modo o nell'altro, l' otto per mille degli italiani finisce quasi tutto alla Chiesa Cattolica.

Se non bastasse il sistema proporzionale di distribuzione dei fondi, che finisce per dirottare quasi il 90 per cento del gettito dell'otto per mille direttamente nelle casse della Conferenza episcopale italiana (anche se quelli che scelgono la Chiesa sono il 34,5%) ci pensa poi lo Stato a girare un'altra fetta cospicua alla Cei, prelevandolo direttamente dalla sua quota.

Basta infatti andare a guardare la destinazione dei fondi percepiti dallo Stato con l'otto per mille per accorgersi che almeno un terzo della torta finisce comunque per avvantaggiare il Vaticano.

Questo finanziamento aggiuntivo viene destinato al restauro e alla conservazione di chiese, monasteri e basiliche. La fatica di firmare per lo Stato Italiano perché assegni il suo tesoretto per combattere le calamità naturali (vedi il terremoto all'Aquila) o per la conservazione e il restauro del patrimonio artistico del nostro Paese (in perenne pericolo di crolli come a Pompei), è del tutto ignorato in quanto assegnato per restauri di parrocchie e chiese della provincia italiana che con le opere d'arte non hanno niente da spartire.

Andando a sfogliare il Decreto della Presidenza del Consiglio pubblicato lo scorso dicembre si possono notare degli interventi incredibili che dovrebbero essere a carico della Cei o coperti con gli importi riscossi con la “Legge Bucalossi” (la n.10 del 1997 e successive modifiche) che obbliga i Comuni a destinare dal 7 al 9% degli oneri di urbanizzazione secondaria (pagati da chi effettua interventi di costruzione o trasformazione edilizia) per finanziare la costruzione o il riammodernamento di immobili ecclesiastici.

L'otto per mille frutta alla Chiesa quest'anno ben un miliardo e duecento milioni di euro dei quali appena il venti per cento viene destinato ad opere assistenziali (in barba alla falsa pubblicità televisiva che dimostra i soliti barboni assistiti dalla Cei) e il rimanente ottanta per cento viene utilizzato per il sostentamento del clero (in sensibile calo di anno in anno) e per l'edilizia ecclesiastica. Con la legge Bucalossi la Chiesa riscuote una cifra ingente (che il governo si guarda bene dal far conoscere), comunque più che adeguata alle sue esigenze edilizie.

Perché allora scorrendo l'elenco del Decreto del Presidente del Consiglio vediamo un milione e mezzo di euro speso per la Basilica di Sant'Andrea a Mantova, un milione e 800mila euro per il restauro della Chiesa dei santi Vittore e Carlo a Genova, un milione e 200mila euro per san Raffaele a Pozzuoli e un milione e 400mila euro per le suore Benedettine di Lecce, e una pletora di interventi da 100mila e persino 50mila euro a seguire?

Una lista lunga 52 pagine, in gran parte con nomi di parrocchie e chiese della provincia italiana beneficiate dall'otto per mille destinato allo Stato.

A questo punto una domanda è d'obbligo: perché la Cei col suo otto per mille più che abbondante e con quanto riscuote con gli oneri di urbanizzazione secondaria, altrettanto cospicui, anziché sobbarcarsi per intero il costo delle ristrutturazioni dei suoi beni, continua a mungere pesantemente dalle casse esauste dello Stato? Non vi dà l'idea di una piovra insaziabile?

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)