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martedì 6 settembre 2011

L'Avvenire perde le staffe e anziché rispondere tira in ballo laicismo e anticlericalismo.

La Chiesa italiana di fronte alla richiesta di partecipare in prima persona ai sacrifici richiesti per evitare il crac dell’Italia proclama bugiardamente di pagare il dovuto per gli immobili di sua proprietà in cui si praticano attività commerciali di tutti i generi, ma non esibisce nemmeno una prova dell'ICI che avrebbe pagato.

E piglia per il culo gli italiani dicendo che è compito dei comuni fare accertamenti. Ma quale comune di sua iniziativa può osare di ficcare il naso nei misteriosi e lucrosissimi affari ecclesiastici senza rischiare il linciaggio morale e l'ostracismo politico?

L'Avvenire, il giornale sempre all'insegna dell'ipocrisia, nel tentativo di presentare come sprovveduti coloro che pongono domande imbarazzanti li addita come nemici della Chiesa tirando in ballo il laicismo o l’anticlericalismo e si sente forte dell'appoggio di tutti i partiti di destra e sinistra, codardi e felloni, che si guardano bene dall’entrare nel merito, terrorizzati che in campagna elettorale la gerarchia ecclesiastica possa vendicarsi.

Il giornale dei vescovi, anziché perdere le staffe attaccando radicali e giornalisti, colpevoli di “spacciare leggende nere e cifrati anatemi contro la Chiesa” ed evocando il “mobbing mediatico”, dovrebbe avere il pudore di rispondere alle molte domande che la stampa non appecorata al Vaticano ha il coraggio di fare.

La più importante delle quali è: perché la Conferenza episcopale, che riceve finanziamenti statali pari quest'anno a un miliardo e duecento milioni di euro (attraverso l’8 per mille) ora che il bilancio statale è sull’orlo del tracollo, non è disposta a rinunciare a una quota del finanziamento pubblico?

E ancora, perché non è disponibile a ricalcolare – in base allo stesso accordo che istituì l’8 per mille – il gettito percepito che è cresciuto in maniera sproporzionata rispetto alla somma iniziale della “congrua” abolita nel 1989? Se allora corrispondeva a 406 miliardi di lire all’anno, l’attuale miliardo e duecento milioni di euro equivale a quasi 2400 miliardi di lire.

Quindi il gettito dell’8 per mille è aumentato esponenzialmente a un ritmo tale che ha non più nessuna relazione con la struttura della Chiesa cattolica. Il numero dei sacerdoti in Italia va infatti sistematicamente calando. Nel 1978, al momento dell’elezione di papa Wojtyla, erano oltre quarantunmila, oggi sono scesi a trentaduemila e nel 2013 dovrebbero ridursi a ventottomila secondo uno studio del sociologo cattolico Diotallevi.

Insomma la Chiesa italiana più si riduce e più incassa in finanziamenti statali. Senza contare la stortura del doppio conteggio dell’8 per mille, che utilizza anche le “quote” del sessanta per cento di contribuenti che non vogliono dare soldi alle confessioni religiose per versarle assurdamente alla Cei.

Ma un'altra domanda importante riguarda l’obbligo imposto a Stato ed enti locali di pagare due volte la missione dei sacerdoti: una volta con l’8 per mille e un’altra volta ancora con convenzioni per stipendiare il clero in scuole, ospedali, case di cura, esercito e carceri. Per non parlare del terzo stipendio pagato dai fedeli per i servizi religiosi (matrimoni, battezzi, funerali e così via).

Infine, perché le diocesi, che percepiscono il contributo statale, non presentano un bilancio pubblico dei propri beni mobili e immobili come avviene in altri paesi europei? Il vicepresidente del Senato Emma Bonino dichiara che gli atti della commissione parlamentare, incaricata di supervisionare la revisione triennale del gettito dell’8 per mille, sono coperti dal segreto.

Mente il vicepresidente del Senato? E se non mente, Avvenire concorda sull’urgenza di rendere pubblici i dati? Ma non illudiamoci. Nessuna delle domande formulate sopra riceverà una risposta e alla Chiesa e al Vaticano non verrà mai tolto un copeco. Chi osasse farlo, oltre la scomunica, in nome del dio Mammona, riceverebbe l'ostracismo politico vita natural durante.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)