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lunedì 17 ottobre 2011

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). Mosè l'egiziano 25

Abbiamo detto in precedenza che gli scribi che redassero la Bibbia nel VI secolo a.C., con grande abilità elessero Abramo a depositario di tutte le aspettative d'Israele, allo scopo di creare l’idea di un'unica progenitura e di uno svolgimento unitario e ideale della storia del loro popolo, ma che, invece, fu Mosè, principe e

Incontriamo nella Bibbia due versetti che pur nella loro brevità si rivelano della massima importanza per la conoscenza di Mosè. Il primo afferma che "L'uomo Mosè era in gran considerazione nel paese d'Egitto" (Esodo 11,3), e l'altro che "Mosè fu fatto istruire in tutta la sapienza degli egizi e divenne potente in parole e opere" (Atti 7, 22).

La prima considerazione che possiamo trarre da questi due versetti è che Mosè era un uomo di potere, e al suo tempo essere uomo di potere in Egitto significava avere sangue reale e appartenere alla corte del faraone.

L'altra considerazione che possiamo trarre è che Mosè, essendo stato istruito in tutta la sapienza degli egizi, era uno dei grandi sacerdoti in quanto solo costoro potevano accedere alla teologia più alta, quella dei grandi misteri.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)