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mercoledì 19 ottobre 2011

Il falso Jahvè (Genesi e involuzione del monoteismo biblico). Mosè l'egiziano. 26

Mosè, dunque, non era di origine semitica, come ce lo rappresenta la leggenda biblica, bensì un principe e un gran sacerdote di origine egiziana (Max Weber, Il giudaismo antico, vol. II, pagg. 489 e 564-565).

Le prove sono molte e incontrovertibili. Anzitutto il suo nome, molto frequente in Egitto anche tra i faraoni. Lo si trova scolpito in molti cartigli dei bassorilievi dei templi e degli obelischi: Thut-Mose, Ah-Mose, Ra-Mose, Ptahy-Mose, Amun-Mose e così via.

Era la forma devozionale abbreviata di un nome teoforo (contenente cioè il nome di un Dio) e significava "bambino di, figlio di". Quindi Ra-Mose voleva dire: bambino del Dio Ra o figlio del Dio Ra (Ahmed Osman, Moses, Pharaoh of Egypt, pagg. 66-67).

In Esodo 2,10 troviamo che la figlia del faraone aveva chiamato il bambino che aveva tratto dal Nilo col nome di Mosè perché, diceva, "l'ho salvato dalle acque". Questo accostamento linguistico deriva dal fatto che lo scriba autore dell'Esodo, ricavava il nome Mosè dal termine ebraico "masa" che significa "trarre".

È una forzatura poco convincente, considerata l'origine egiziana del nome, nonché l'ammissione, quasi unanime degli studiosi, che Mosè non fu affatto salvato dalle acque.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)