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domenica 22 luglio 2012

In nomine Domini 24


"Cominciamo con l'esaminare uno di questi dettagli", disse Ascanio, incuriosito più che mai, "per esempio la nascita di Gesù".
"Gesù non è nato né a Betlemme come sostengono gli evangelisti Luca e Matteo, né a Nazaret", incominciò Simone. "Anzi, Nazaret non è mai nominata in questo Vangelo e Gesù non viene mai chiamato nazareno ma nazireo, cioè appartenente alla setta di coloro che avevano fatto voto di nazireato.
"Gesù sarebbe nato a Gamala, città del Golan, centro di accesi zeloti, quei ribelli fondati da Giuda il Galileo che si era proclamato Messia e fu crocifisso dai romani con i suoi due mila seguaci poco dopo la nascita di Gesù. La famiglia di Gesù, come la maggior parte delle famiglie ebraiche, era piuttosto numerosa. Oltre a Gesù, il primogenito, c'erano altri quattro fratelli, nominati anche nei nostri Vangeli: Giacomo, Giuda, Giuseppe e Simone, e alcune sorelle delle quali una, di nome Maria come la madre, seguì costantemente il fratello durante la sua attività pubblica".
"Quindi la verginità di Maria è un'altra invenzione!" fece il papa, manifestando enorme sorpresa.
"Un abbaglio dei Padri della Chiesa", rispose prontamente Simone, che s'aspettava la domanda, "soprattutto di Gerolamo e Agostino, i quali presero alla lettera la Bibbia dei Settanta nella quale il termine ebraico "almah", riferito da Isaia alla madre del futuro Messia, che significava in ebraico "ragazza nubile", cioè in età di marito, venne tradotto erroneamente col termine greco "parthenos", cioè "vergine". D'altra parte io che sono nato in Palestina so per certo che nessun ebreo ha mai pensato che il Messia sarebbe nato da una vergine".
"Di bene in meglio!" sbottò il papa con una punta di sarcasmo. "Se andiamo avanti di questo passo non una virgola è vera dei nostri Vangeli".
"Non tiriamo conclusioni affrettate", intervenne con tono deciso Ascanio, che appariva il meno scandalizzato di tutti. "Prima esaminiamo attentamente l'intero contenuto di questi rotoli, poi ne trarremo le conclusioni adeguate e se queste smentiranno la nostra santa religione, come purtroppo potrebbe accadere, prenderemo l'unico provvedimento saggio che ci resta, distruggere i rotoli e dimenticare tutto quello che abbiamo sentito".
"Una cosa obbrobriosa", scattò a dire Simone con gli occhi lampeggianti d'ira repressa. "Non possiamo distruggere la verità come fecero gli antichi Padri della Chiesa, quando si trovarono di fronte allo stesso nostro dilemma. Furono loro infatti a gettare nel rogo tutti i documenti dei cristiano-giudei primitivi che raccontavano la vera storia di Cristo per rimpiazzarli coi Vangeli canonici di ispirazione paolina".
"Mio caro, amatissimo Simone", rispose Ascanio con un amabile e sincero sorriso di simpatia, "purtroppo la verità è talvolta molto più nociva della menzogna. Comunque non è compito nostro, cioè mio o tuo, decidere la sorte di questi rotoli ma di Sua Santità. Spetta a lui l'ultima parola".
"Prendiamo la cosa con calma", intervenne allora il giovane papa, che si era nel frattempo calmato e rasserenato. "Per oggi accontentiamoci di questo preambolo che certamente ci farà riflettere a lungo. Nei prossimi giorni riprenderemo l'esame dei rotoli e vedremo in dettaglio i loro contenuti. Sono molto ansioso di conoscerli anche perché mi consentiranno di imparare sulla nostra santa religione molte cose che ancora non so. E poi questo luogo mi piace molto e voi due siete due saggi meravigliosi che mi ispirano una grande ammirazione e simpatia". E prima di accomiatarsi volle abbracciarli entrambi con visibile affetto.
Al rientro in Laterano la lettera da spedire ad Ottone era stata ricopiata con estrema cura su una pergamena arricchita di eleganti ornamenti. Il diacono Ascanio la rilesse più volte con attenzione, prima di sottoporla alla firma del papa.
Giovanni XII, dopo aver apposto la sua firma, sollevato e fiducioso decise che l'avrebbe subito consegnata personalmente al vescovo Otcherio per un immediato inoltro all'imperatore. Accompagnato da Ascanio si recò a palazzo Teofilatto, ove il vescovo di Spira era rinchiuso in una specie di prigione dorata. Abbracciò con calore il vecchio prelato, e, come aveva consigliato Ascanio, gli porse la lettera aperta perché ne leggesse il contenuto e potesse così perorare con più efficacia la sua causa presso l'imperatore. Otcherio fu molto lusingato per il gesto di fiducia del papa e lesse a voce alta la lettera, facendo capire al diacono con lo sguardo, che ne riconosceva la paternità. Quindi espresse a Giovanni XII il suo impegno a convincere l'imperatore a raggiungere una completa riconciliazione. Promise che sarebbe partito alle prime luci dell'alba e che avrebbe raggiunto Ottone in un paio di giorni.
Il giovane papa, più sollevato che mai, appose il suo sigillo alla lettera e si accomiatò dall'alto prelato con grande rispetto.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)