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domenica 8 luglio 2012

L'enigma svelato 125


Quando, alcuni mesi dopo, Ptolomeo giunse a Damasco col consueto carico di pelli, appena consegnata la merce a Rufo piombò in casa di Giuda annunciando grossi avvenimenti da Gerusalemme.
Anticipò che Paolo, solo per merito del pronto intervento romano, non era stato linciato dai giudei inferociti davanti al Tempio. E, pregato da Giuda, espose i fatti con ordine.
Al suo arrivo per attuare la cerimonia della purificazione, Paolo era stato accolto con diffidenza ma con rispetto da Giacomo e dagli altri giudei cristiani. La diffidenza dipendeva dal fatto che si era portato dietro dei discepoli incirconcisi la cui presenza irritava enormemente gli ortodossi. Ma Paolo, insensibile all'irritazione che provocava la presenza di quegli ospiti indesiderati, continuò ad aggirarsi per la città con quei discepoli al fianco. Finché, giunto il il giorno della purificazione, si fece ostentatamente accompagnare, fino quasi alle porte del Tempio, da Tròfimo, un noncirconciso, scatenando il furore degli ebrei cristiani e non, in quanto con quel compagno al fianco contaminava se stesso e la sua offerta e il Tempio.
Allora tutta la città fu in subbuglio e il popolo accorse da ogni parte. Impadronitisi di Paolo, lo trascinarono fuori del sacro edificio e subito furono chiuse le porte. Stavano già cercando di ucciderlo, quando fu riferito al tribuno della coorte che tutta Gerusalemme era in rivolta. Immediatamente egli prese con sé dei soldati e dei centurioni e si precipitò verso i rivoltosi. Alla vista del tribuno e dei soldati, questi cessarono di percuotere Paolo. Allora il tribuno si avvicinò, lo arrestò e ordinò che fosse legato con due catene. Paolo, senza riferirgli che era cittadino romano, chiese a lui il permesso di rivolgersi alla folla con la scusa di calmarla. Infatti, appena egli cominciò a parlare, la folla tumultuante si zittì e lo ascoltò in silenzio fino al momento in cui egli affermò che il Signore lo aveva inviato a divulgare la parusia ai pagani. Allora il tumulto riesplose violento e tutti alzarono la voce gridando: "Toglilo di mezzo; non deve più vivere!" E poiché continuavano a urlare, a gettar via i mantelli e a lanciar polvere in aria, il tribuno ordinò di portarlo nella fortezza. A questo punto Paolo gli rivelò che era cittadino romano. Il tribuno, tenendo conto di questo importante privilegio di Paolo, decise di trasferirlo subito a Cesarea, sotto una scorta di centinaia di soldati. E là si trova tuttora per essere giudicato dal procuratore Felice.
Giuda e Davide non nascosero la loro perplessità di fronte al racconto di Ptolomeo.
"Perché mai si era portato dietro quei compagni incirconcisi per la sua cerimonia di purificazione?" si chiese Giuda. "Le regole procedurali lo vietano espressamente. Paolo, da dotto fariseo, lo avrebbe dovuto conoscere".
"E lo conosceva perfettamente infatti" fece Davide con sorriso malizioso. "Come sapeva bene che a farsi vedere con un incirconciso nelle vicinanze del Tempio compiva una grossolana profanazione. Ma a lui serviva proprio questo. Due piccioni con una fava: rompere definitivamente col giudaismo mediante la provocazione degli incirconcisi e dimostrare ai suoi discepoli più importanti che i cristiani gentili non sarebbero mai stati accolti da Gerusalemme. Quindi la sua è stata tutta una sceneggiata calcolata a puntino. Sapeva bene che i romani, capillarmente presenti nei dintorni del Tempio e continuamente informati dalle spie, sarebbero accorsi prontamente a salvarlo, e che tirando fuori al momento opportuno la cittadinanza romana avrebbe evitato la fustigazione e ottenuto il trasferimento immediato a Cesarea. Là, magari, si appellerà a Cesare e sarà trasferito a Roma".
"Un vero volpone" ammise Giuda con ammirazione.
"Mi convinco sempre di più che, nonostante le sue millanterie e le sue psicotiche visioni, Paolo è destinato ad essere l'inventore della religione del futuro, apportatrice di nuovi valori per l'umanità. Se questo accadrà avremo anche noi il piccolo merito di aver assecondato il Potere e io avrò finalmente portato a termine la mia missione".

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)