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giovedì 26 luglio 2012

L'inferno è stato inventato dalla Chiesa (“L'invenzione del cristianesimo”) 174


Solo nel Nuovo Testamento nasce il concetto di questo luogo eterno di pena e viene associato alla "Geenna", una valle presso Gerusalemme che era adibita a discarica pubblica, dove ardeva sempre il fuoco per bruciare i rifiuti della città e i cadaveri degli appestati. Essendo un luogo orrido, maleodorante e sempre in preda alle fiamme, si era trasformata, a poco a poco, nel simbolo dell’inferno.

Le Lettere di Paolo, i più antichi documenti del Nuovo Testamento dai quali derivano i Vangeli canonici, ignorano l’inferno come eterno castigo. Ma nei Vangeli, posteriori alle Lettere di Paolo, troviamo che Gesù parla della Geenna, del “fuoco inestinguibile” riservato a chi sino alla fine della vita rifiutava di credere e di convertirsi. Matteo nel suo Vangelo dice che Gesù “manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridor di denti” (Matteo 13,41-42), e riporta le parole di condanna: ‘Via, lontani da me, maledetti, nel fuoco eterno!” (Matteo 25,41).

Molti esegeti e teologi però sono convinti che questi detti, attribuiti a Gesù, non siano mai stati da lui pronunciati (sono, infatti, in completo contrasto con lo spirito evangelico) ma aggiunti posteriormente nei Vangeli da parte della Chiesa delle origini, la quale, per spingere alla conversione i pagani ostinati, faceva leva sui castighi divini più crudeli e terrificanti. Infatti l'inferno era riservato soprattutto a chi rifiutava la conversione.

La credenza dell'inferno eterno la troviamo appena accennata negli scritti più antichi dell'età patristica, con delle perplessità da parte di alcuni Padri della Chiesa, come Origene, Gregorio di Nissa, Teodoro di Mopsuestia ed altri. Per costoro le pene dell'inferno non erano eterne, ma temporanee (una specie di purgatorio). Infatti essi ritenevano che alla fine dei tempi, all'arrivo cioè della parusia, tutta l’umanità si sarebbe salvata in Cristo e avrebbe avuto luogo la “restaurazione finale” (apokatàstasis) di tutti gli essere umani e del cosmo. Tale salvezza avrebbe coinvolto i condannati all’inferno e perfino i demoni (Origene, De principiis). Ma la loro tesi non fu accettata dalla Chiesa, sempre più preoccupata di reprimere le eresie per mezzo di spietate punizioni temporali e spirituali, specie quella che si macchiava del peccato più grave, il peccato "ad mortem", così chiamato perché nessuna contrizione lo può cancellare, e che consiste nel rifiuto di riconoscere in Gesù l'inviato di dio e nel papa il suo successore.

Così nel 1215 il IV Concilio Lateranense proclamò che i peccatori "riceveranno come il diavolo una pena perpetua". Tesi ribadita successivamente nel Concilio di Firenze (1439), di Trento (1547), del Vaticano I (1870) e dal Vaticano II nel 1965 (cap. VIII, 48 della Lumen Gentium). Quindi l'inferno, per la Chiesa, è la punizione globale e irreversibile di chi muore in peccato mortale.

La massa dei credenti identifica puerilmente l'inferno come un enorme fornace in cui un fuoco eterno arrostisce i dannati, e a vigilarlo ci sono i diavoli con tanto di corna, forconi e code arricciate. Una vera demenzialità!  

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Informazioni personali

Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)