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venerdì 19 ottobre 2012

Cinquant'anni fa il Concilio Vaticano II. Effimero, illusorio.


L'11 ottobre 1962 si apriva il più grande forum di discussione mai organizzato nella storia della Chiesa cattolica, tra più di 2000 vescovi venuti da tutto il mondo: il Concilio Vaticano II. Di fronte ad una Chiesa, ancora in gran parte medievale e fossilizzata nel Syllabo di Pio IX, urgeva aprirla alla società nel momento in cui questa andava incontro alla modernità e si intravvedevano i primi sintomi della secolarizzazione.

Il Concilio indicò allora alla Chiesa un cambio di marcia in direzione della democrazia interna, della collegialità, della laicità, dell’apertura al mondo moderno e della opzione fondamentale per la lotta alla povertà, come di lì a poco, dall’America latina oppressa dalle dittature militari, sosterrà la teologia della liberazione.

Purtroppo la grande spinta verso una visione più aperta e umana della Chiesa è stata prontamente soffocata da tutti i papi succeduti a Giovanni XXIII, a cominciare da Paolo VI, e ancor più da Wojtyla e Ratzinger. Questi papi, arroccati nel dogmatismo più rigido e chiusi aprioristicamente verso i diritti umani e civili che la società attuale reclama a gran voce, hanno eretto “l'ermeneutica della continuità” a caposaldo del loro pontificato, per depotenziare e neutralizzare le innovazioni del Concilio.

Le conseguenze di questo affossamento, che ha tolto ogni speranza di innovamento ai cattolici conciliari, è che oggi, a cinquant'anni dal Concilio Vaticano II, la Chiesa cattolica è in pieno marasma. I problemi che la travagliano, incombendo urgenti e non più procrastinabili, sono numerosi e si appesantiscono ogni giorni più: il crollo delle vocazioni; il celibato obbligatorio dei preti contestato ormai da una grande parte del clero mondiale; lo status di inferiorità della donna che le preclude il sacerdozio; le coppie di divorziati risposati e dei conviventi, esclusi dai sacramenti, ormai in netta maggioranza rispetto ai matrimoni religiosi; la decentralizzazione reale del potere del papa sempre più oppressivo e ostile ad ogni discussione interna; l'immobilismo delle posizioni sulla sessualità dopo la proibizione della contraccezione nell'enciclica Humanae Vitae del 1968; la proibizione della procreazione medicalmente assistita e del matrimonio omosessuale; la sistematica opposizione ai diritti umani e civili, soprattutto all'autodeterminazione sul proprio corpo e sulla propria vita; la spropositata ricchezza della Chiesa in un mondo sempre più povero; l'appoggio sistematico della Chiesa a regimi e partiti oppressori ma ipocritamente favorevoli al clero.


Per non parlare dello scandalo sempre più dirompente della pedofilia pretesca, omertosamente protetta dal Vaticano. Infine, lo “tsunami della secolarizzazione” che ormai imperversa in ogni angolo del pianeta. Insomma urge la richiesta di un nuovo concilio, che negli ambienti progressisti ritorna regolarmente.

Ma questo papa ultraconservatore, si oppone a qualsiasi revisione del tradizionale magistero cattolico e rifiuta una «Chiesa di tutti» e una «Chiesa dei poveri», come chiedeva papa Giovanni. Con gran pompa, in questi giorni, sta ipocritamente ricordando il cinquantesimo anniversario del Concilio ignorando i 100 movimenti, associazioni, gruppi di base e riviste cattoliche, rappresentativi di una vasta area ecclesiale di cattolici detti “conciliari”, che chiedono con vigore la riforma della Chiesa in contrasto con la linea restauratrice e anticonciliare del suo pontificato.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)