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venerdì 12 ottobre 2012

Democrazia atea o laica?



Se lo chiede Elisa de Lucia, della Segreteria Nazionale di Democrazia atea, rispondendo che la Democrazia, per essere tale ed autenticamente espressa e applicata, deve essere A-tea, ovvero senza dio, che appunto appartiene alla sfera delle proprie scelte private non pubbliche e politiche.

D'accordissimo, come linea di principio. Ma, ahimè, quanti italiani, pur fermamente avversi all'ingerenza della Chiesa in ogni settore della vita pubblica e privata, accetterebbero un termine che ritengono troppo discriminante? Pochi, credo. Perché il termine “atea” in un Paese, come il nostro, impregnato di profondo clericalismo, appena scalfito ma tutt'altro che superato dalla secolarizzazione imperante, fa ancora tanta paura al popolino e si presterebbe ad una strumentalizzazione feroce da parte della Chiesa. Sulla groppa degli italiani pesano venti secoli di massiccia oppressione vaticana e l'inquinamento religioso da noi è ancora soffocante.

Il termine laico, invece, è più blando e facilmente assimilabile a livello popolare. D'accordo che in origine veniva usato solo per indicare chi non apparteneva al clero. Ma oggi esprime un valore semantico tutto diverso. Oggi il laico è colui che si ispira a concetti di autonomia rispetto all'autorità ecclesiastica. In altre parole, rifiuta ogni ingerenza religiosa in campo politico.

È lapalissiano che in una autentica democrazia tutti i partiti dovrebbero essere laici e approvare leggi in cui  tutti i cittadini si possono riconoscere, a prescindere dalla loro religione. Ciò non avviene in Italia, dominata da una casta politica ultra clericale che fa gli interessi del Vaticano e non del popolo italiano, perché ricattata dal voto cattolico. Ecco perché molti cittadini sono costretti a turarsi il naso e talvolta anche la bocca al momento del voto, dovendo scegliere solo partiti che si sbracano a proclamarsi cattolici e che poi si comportano come quinta colonna vaticana, negando agli italiani i più elementari diritti civili e foraggiando il parassitismo ecclesiastico.

Se, finalmente, nascerà un patito autenticamente laico avrà senz'altro un esordio molto duro perché dovrà assumere una posizione anticlericale. Ma, alla lunga, i risultati sarebbero eclatanti perché sono milioni gli italiani che aspirano di vivere in uno Stato laico, libero e sovrano, cioè non più ridotto a protettorato vaticano, nel quale tutti i diritti civili siano finalmente riconosciuti e sia premiata la meritocrazia al posto del privilegio e del servilismo.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)