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domenica 16 maggio 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 18^ Puntata

Non erano passati più di tre mesi dall'incontro fortuito coi legionari romani, quando, una mattina, Davide fu incaricato da Isacco di trasportare una porta massiccia in una casa del villaggio. Dopo averla caricata sul carro con l'aiuto di Joses, si era messo a fianco dell'asino, e, procedendo lentamente, si era avviato per la strada.

Il padre lo avrebbero raggiunto poco dopo per scaricarla e montarla.
Alcuni fanciulli giocavano tranquilli in mezzo alla via e non avevano fatto caso al sopraggiungere del carro. Davide stava per invitarli a mettersi di lato quando il più grandicello di loro, che teneva in mano una fionda, giratosi di scatto, lanciò inavvertitamente un sasso nella sua direzione e colpì in pieno il muso dell'animale.

Il quale, spaventato da quel colpo improvviso, s'impennò, e con una brusca mossa per retrocedere, rovesciò il carro e fece cadere la grossa porta. Nel vano tentativo di afferrarla prima che cadesse, Davide ne fu travolto e cadde stramazzato al suolo, completamente privo di sensi.

In quel preciso istante, mentre il suo corpo giaceva inerte, senza manifestare alcun segno di vita, gli accadde una cosa meravigliosa e incredibile al tempo stesso. Sentì il suo spirito staccarsi dal corpo e fluttuare a qualche metro d'altezza. Non si sentì spaventato per quell'improvviso cambiamento di situazione, anzi si trovò immerso in una gran beatitudine.

S'accorse, con sua immensa meraviglia, che poteva vedere ogni cosa, fin nei minimi particolari, sentire ogni più piccola parola e, cosa ancor più incredibile, leggere i pensieri e i sentimenti della gente sottostante. Aveva la sensazione che la sua conoscenza si fosse improvvisamente allargata e potenziata a dismisura.

Per prima cosa vide che i ragazzini, dopo un momento di sbalordimento, erano stati sopraffatti dal terrore per quello che avevano involontariamente combinato e fuggivano terrorizzati. Poi guardò con stupore il suo corpo inerte, privo d'ogni segno di vita. Non provò nessuna sensazione di paura o di dolore, come si trattasse del corpo di un estraneo. Anzi trovò che quel giovane, steso a terra con le braccia aperte come in croce, gli appariva un po' goffo, quasi buffo.

Vide accorrere gente spaventata a far crocchio intorno a lui. Nessuno osava toccarlo perché tutti lo credevano morto. Colse nei pensieri di una ragazza, che lo stava osservando smarrita, un grande amore segreto per lui e una profonda disperazione per la sua presunta morte. Vide Isacco, subito accorso, cercare angosciato di rianimarlo chiamandolo con voce strozzata e scuotendolo delicatamente. Vide, infine, il padre, aiutato da alcuni dei presenti, caricarlo delicatamente sul carro e portarlo verso casa.

Vedeva tutto, sentiva tutto e leggeva nella mente di tutti ma non provava nessun interesse per il suo corpo, non sentiva nessun dolore fisico quando lo toccavano e lo scuotevano. Era sempre immerso nella sua serena beatitudine.

Ad un tratto si sentì come risucchiare da un vortice e si trovò all'interno di un tunnel, in fondo al quale s'intravedeva una luce che si faceva sempre più intensa, a mano a mano che si avvicinava all'uscita. Contemporaneamente si sentì avvolto da una musica dolcissima che lo rese ancora più felice e beato. Alla fine sbucò in uno spazio immenso, soffuso di una luce sfolgorante.

Subito avvertì l'imminente arrivo di una presenza. Ed ecco, come fuoriuscita da una nube luminosa, apparirgli la figura austera e dolcissima di un vegliardo. Era vestito di una pelle d'agnello candida come la neve, aveva barba e capelli canuti e folti e lo sguardo dolce e buono di un padre affettuoso. Gli si avvicinò sorridente e gli rivolse la parola.

"Figliolo caro", disse lentamente, quasi scandendo le parole, "ancora non è giunto per te il tempo del trapasso, ancora non hai portato a termine quello per cui sei stato mandato sulla Terra. Quest'esperienza ti è stata data affinché tu vinca la paura della morte. Ora tu hai appreso che la morte è solo un passaggio verso altre dimensioni, che la vita è senza fine, che noi non moriamo mai perché mai siamo realmente nati".

Il vegliardo continuò a parlare ma Davide, con sua sorpresa, s'accorse di non riuscire più ad udire le sue parole, nonostante lui continuasse a muovere le labbra. Solo alla fine, quando il gran vecchio lo salutò con un cenno delle mani e disparve stemperandosi nella nube in cui era. arrivato, egli comprese il motivo di quello strano fenomeno: gli era stato predetto il futuro ma lui lo avrebbe scoperto solo al momento opportuno.

Appena il vegliardo scomparve Davide si svegliò nel suo letto e subito avvertì un terribile dolore al capo. Aprì gli occhi e, a fatica, si mise a sedere. Era notte fonda e tutti in casa dormivano nel silenzio più assoluto. Ma c'era una figura semi addormentata, seduta accanto a lui, che lo vegliava e che subito si accorse del suo risveglio.

Era Lia. Scuotendosi dal suo torpore, si alzò all'istante e gridando commossa: "Sia benedetto il Signore, Dio d'Israele, che ha accolto le preghiere della sua umile serva", corse immediatamente ad abbracciarlo, piangendo di gioia. Tutta la famiglia si svegliò all'istante e la felicità di tutti fu grande.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)