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domenica 30 maggio 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 20^ Puntata

A far precipitare le cose fu un fatto nuovo che accadde un anno dopo l'incidente. Un sabato gli abitanti di Cana si radunarono, come di consueto, nella sinagoga per la preghiera e la lettura delle Scritture. I posti a sedere erano tutti occupati e gli ultimi arrivati dovevano rassegnarsi a rimanere in piedi. C'erano anche dei forestieri di passaggio, specie mercanti, che volevano santificare il sabato.

Dopo una breve introduzione del rabbino, intesa a sollecitare offerte per l'aiuto ai bisognosi del villaggio, si alzò a chiedere la parola un ricco proprietario del luogo di nome Gionata. Sedeva in prima fila, perché gli era riservato un seggio d'onore quale premio della sua alta pietà e dottrina, ma anche come privilegio della sua ricchezza. Era molto ferrato nella Scrittura perché passava gran parte del suo tempo a studiare i sacri testi e frequentava importanti dottori della Legge. Apparteneva alla schiera dei farisei, che si ritenevano, a quel tempo, i soli del popolo ebraico ad interpretare e osservare fedelmente la Legge di Mosè.

La dottrina di cui si pavoneggiava, la ricchezza cospicua che possedeva e che riteneva un giusto premio alla sua virtù, lo rendevano arrogante e odioso. Tutti in cuor loro lo detestavano, soprattutto quando porgeva al rabbino, con ostentata magnanimità e alla presenza di tutti, le sue elargizioni per i poveri; ma tutti lo riverivano con palese servilismo perché ne temevano le rampogne aspre e feroci e perché dipendevano da lui per il lavoro.

Quel giorno dunque Gionata chiese di parlare e molti, che temevano di aver violato anche inconsapevolmente la Legge, in cuor loro cominciarono a tremare. L'hazzan, il maestro della sinagoga, gli porse il rotolo perché leggesse il brano da commentare. Ma Gionata, con un gesto stizzito della mano lo allontanò, come a significare che non n'aveva bisogno. E, infatti, cominciò a recitare a memoria quei brani della Scrittura che imponevano la santificazione del sabato. Parlava con gli occhi chiusi, assorto, beandosi dell'insieme di norme che andava sciorinando.

Quand'ebbe finito, aprì gli occhi, e con voce rabbiosa disse: "Questa che avete ascoltato è la precisa legge di Mosè. Essa fornisce ad ogni ebreo le istruzioni precise su ciò che deve e non deve fare in questo santo giorno. Ma tra noi c'è chi calpesta la nostra santa legge e viola il riposo del sabato. Questa mattina, sul far dell'alba, mentre nella penombra della mia camera pregavo il Signore, affacciandomi alla finestra ha visto una donna lavare dei panni e stenderli ad asciugare al sole. Credeva, a quell'ora mattutina, che nessuno l'avrebbe vista ma sicuramente ignorava che un angelo del cielo mi aveva spinto alla finestra per scoprire la sua infamia. Domani provvederò a denunciarla alla polizia del Tempio perché provveda a farIe pagare una multa".

Tacque, come in preda ad una profonda amarezza e nella sala non si sentiva volare una mosca. Poi, volgendosi verso il reparto riservato alle donne, puntò l'indice della mano destra su una giovane che, a quel gesto intimidatorio, parve quasi annientarsi nella sedia, aguzzò gli occhi per metterne meglio a fuoco la figura e disse con ferocia: "Vedova Marta, è così che si rispetta la Legge del Signore?"

La povera donna, piangendo sommessa per la vergogna, si nascose il viso tra le mani senza che nessuno dei presenti osasse dire una parola in sua difesa. Anche il rabbino sembrava soggiogato dall'ira del fariseo. Trascorsero così alcuni secondi durante i quali il silenzio, colmo di tensione, si poteva quasi tagliare col coltello.

Ma ecco che all'improvviso Davide, vincendo la resistenza che gli faceva i parenti vicini, si alzò in piedi e chiese di parlare. Aveva il viso sereno e dolce e non pareva per niente intimidito dall'aspetto torvo e arrogante di Gionata. Era, infatti, estremamente sicuro di sé perché il vegliardo gli era appena apparso nella mente, come durante il coma, e gli aveva ordinato di rispondere.

Il fariseo, che lo conosceva appena di vista, fu colto di sorpresa per quell'inattesa richiesta ed ebbe un attimo d'incertezza. Davide ne approfittò per iniziare subito a parlare.

"Mosè, il profeta Ezra e i sacerdoti del Primo Tempio ci hanno trasmesso la Legge sia scritta che orale", cominciò con gran sicurezza e sorpreso, lui stesso, di come gli fluivano sciolte le parole, "e queste due leggi vanno senz'altro considerate i pilastri della nostra fede ebraica. Ma le parole della Legge vanno interpretate col cuore. Lo dice anche Samuele quando recita: Il Signore non ha lo stesso sguardo dell'uomo; l'uomo giudica dalle apparenze, ma il Signore giudica dal cuore. La vedova Marta si è preoccupata soltanto di avere, durante il giorno, i panni asciutti per la sua figlioletta che è ancora in fasce. Ha agito per amore e per necessità e non intendeva minimamente offendere il Signore. Anzi ritengo che il Signore, che io considero un padre affettuoso e non un poliziotto severo, come purtroppo lo ritengono molti di noi, abbia perfettamente capito e apprezzato il suo gesto e lo abbia ritenuto una degna santificazione del sabato. Perciò non dovrebbe essere biasimata e ancor meno denunciata e punita ma, al contrario, lodata per le sue affettuose cure per la figlioletta. D'altra parte, chi di noi ha il diritto di giudicare un nostro fratello? Chi di noi sa leggere nel suo cuore? E, soprattutto, chi di noi è senza colpa?"

Tacque e si sedette tranquillo. Un brusio quasi impercettibile si avvertiva in tutta la sala, ma nessuno, anche questa volta, osò parlare. Allora il fariseo, fattosi quasi paonazzo dall'ira, si girò verso Davide e chiese con un sorriso beffardo: "Ma tu, chi sei, un dottore della Legge?" E, puntandogli l'indice proseguì: "Come osi criticare chi come me, ha sempre studiato e praticato, col massimo scrupolo, tutti i precetti della nostra fede? Come osi difendere questa donna, essere impuro e quasi senz'anima, destinata dal creatore soltanto come riproduttrice, che ha violato così spudoratamente la santificazione del sabato? La Legge è la Legge e va rispettata con o senza il cuore".

A questo punto il brusio si fece più forte e non sembrava proprio d'approvazione. Ma Gionata, incurante di tutto, continuò implacabile la sua requisitoria.
"La Legge è la Legge e va rispettata comunque", ripeté con voce .stentorea. "Vale per i grandi come per i neonati. Solo chi rispetta rigorosamente i precetti della nostra santa religione ha diritto di ricevere i doni del Signore. Chi invece la disubbidisce è costretto giustamente", e qui tacque per qualche istante per sottolineare col silenzio quel giustamente "a vivere nello squallore e nella miseria come questa vedova che, se non ricevesse l'aiuto che la gente pia e generosa come me elargisce alla sinagoga, sarebbe costretta a morire di fame".

"Che il Signore abbia pietà della tua arroganza, Gionata", controbatté con forza Davide, nuovamente alzatosi in piedi. "Questa donna che tu disprezzi, è una creatura di Dio, esattamente come lo sei tu e tutti noi. E in quanto a considerarla un essere impuro, pensi che il creatore abbia voluto perpetuare la vita nel peccato? E in tal caso, chi è più impuro: la donna o l'uomo, o entrambi allo stesso modo?"

"Taci, miserabile giovinastro", gridò il fariseo con voce strozzata dall'ira. "Come osi ribattere ancora? Non vedi che nessuno ti approva? Che nessuno si alza a difenderti? E chi potrebbe difendere uno come te che fa discorsi blasfemi ed empi ?"
E si guardò intorno con aria di sfida.

Ancora una volta nessuno osò alzarsi a contraddirlo, anche se tutti in cuor loro avrebbero dato qualsiasi cosa per poterlo fare, ma sentivano che mancava loro il coraggio e la capacità e ciò li faceva sentire meschini e vili.
L'assemblea si sciolse poco dopo, nel più assoluto silenzio. Tutti uscirono a tasta bassa, evitando ciascuno di incontrare lo sguardo dell'altro per non leggervi la vergogna e l'amarezza che provava dentro di sé.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)