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domenica 24 gennaio 2010

“L'enigma svelato” (Il lato oscuro della verità) . Seconda puntata.

Quando Ester varcò la porta di casa capì subito che era successo qualcosa di terribile. Giuditta era seduta sul letto in un mare di lacrime e la sorellina l'abbracciava piangendo a dirotto. Rimase impietrita e immobile ad osservare quella scena di disperazione, senza avere il coraggio di parlare. Finalmente si fece forza e domandò: "Ma per l'amor del cielo, cos'è accaduto?"

"I romani hanno catturato Simone lo zelota qui da noi" rispose Lia tra i singhiozzi.
"Oh mio Dio!" esclamò Ester, portando le mani alla bocca in un gesto disperato. "E adesso che ne sarà della nostra casa? La bruceranno di certo!"
"No" rispose ancora Lia. "La casa è salva ma per vendetta il centurione ha violato Giuditta".

Un urlo lancinante salì al cielo. "No, Signore no, non dovevi colpirci cosi duramente" gemette la madre, scarmigliandosi i capelli. "Che ne sarà adesso della mia diletta figlia! Chi la chiederà in sposa dopo che è stata profanata da un oppressore pagano! Vivrà come una ripudiata nel più completo disprezzo e nella più totale ignominia per una colpa non sua. Sarà peggio di una lebbrosa". E, disperata, si diede a piangere così forte che i suoi gemiti si sentivano fino all'esterno della casa.

Poco dopo arrivò Cleofe con l'asina. Dal giardino sentì i lamenti che provenivano dall'interno e si precipitò dentro sconvolto. Fu subito messo al corrente dell'accaduto. Piangendo, cominciò ad imprecare con violenza contro gli oppressori e a stento le donne riuscirono in qualche modo a calmarlo e a zittirlo.
Quando alla disperazione subentrò la rassegnazione e la situazione parve essersi calmata un po', Ester e Cleofe ragionarono a lungo sulle conseguenze della violenza patita da Giuditta e conclusero che il futuro della giovane si profilava terribile e senza speranza.

Si guardarono negli occhi e si chiesero: "E adesso, che facciamo?" Ester suggerì di recarsi dal rabbino, uomo saggio e pio, raccontargli tutto e chiedere il suo consiglio per evitare almeno a Giuditta il disprezzo della gente. Cleofe non poteva che convenire con la moglie, ma alla fine di quella tormentata conversazione ebbe come un ripensamento e disse: "Senz'altro il nostro rabbino è l'uomo più adatto per un consiglio e forse anche per un aiuto. Ma prima di recarci da lui, io vorrei consultare il mio migliore amico, Isacco il falegname. So, per esperienza, che è un uomo di grande saggezza e d'assoluta riservatezza".

E dal momento che Ester, convinta anche lei che Isacco fosse l'uomo più retto del villaggio, non aveva sollevato obiezioni, dopo un attimo di riflessione aggiunse: "Ho deciso, vado da lui; può darsi che sia ancora nella sua bottega. Voi, intanto, non aprite bocca con nessuno su quanto è accaduto e mangiate qualcosa. Quello che capita, tanto per tenervi in piedi". E partì subito, quasi di corsa.

Giunse nella bottega mentre Isacco stava per chiudere. Era quasi in ritardo per il pranzo ma accolse Cleofe con un caloroso abbraccio. Avvertì subito, però, che c'era qualcosa nell'aria. Sia l'ora inconsueta, sia l'espressione dell'amico, erano indicativi.
"Che ti succede, amico?" chiese preoccupato. "Cose terribili, mio buon Isacco", rispose Cleofe facendogli capire, con dei gesti, che si trattava di una situazione molto delicata. Egli intuì al volo e lo fece entrare per non dar nell'occhio ed essere lontano da orecchi indiscreti.

Quando furono a quattrocchi, Cleofe, con parole concitate, raccontò l'accaduto e poi si prese la testa tra le mani, affranto. Isacco rimase allibito e sconvolto. Seguirono attimi di silenzio pieni di tensione e d'angoscia.
"E adesso, che dobbiamo fare?", chiese alla fine Cleofe. "Che ne sarà di Giuditta?" E non riusciva a trattenere le lacrime.

Isacco rimase per un po' in silenzio, prima di rispondere. Sembrava cercare febbrilmente la soluzione ad un problema impossibile. Il suo sguardo era fisso, come incantato, ma nello stesso tempo tesissimo. Poi si fece calmo. Sembrava che qualcosa gli fosse piovuto nella mente. E finalmente parlò.

"Quel che è accaduto alla povera Giuditta è spaventoso" disse con calma. "Ma forse il Signore ci aiuterà a trovare la soluzione giusta. Adesso, purtroppo, ho un impegno con il mercante Ezechiele. Viene a trovarmi a casa a momenti, mio ospite a pranzo. Appena se ne sarà andato, verrò subito da voi. Intanto, vi raccomando, silenzio assoluto con tutti, anche col rabbino. Nessuno, dico nessuno, deve sapere dell'accaduto, dal momento che non ci sono stati testimoni. Ed ora va' ed abbi fiducia nel Signore" concluse con un mesto sorriso. "A fra poco".

Mentre tornava a casa, Cleofe era in preda ad una grande eccitazione. Le parole piene di speranza di Isacco lo avevano frastornato. Com'era possibile trovare una soluzione ad un caso così disperato, per non dire impossibile, si chiedeva smarrito. Anche Ester stentava a credere al racconto del marito.
"Sei proprio sicuro che Isacco abbia detto quella frase: Il Signore ci aiuterà a trovare la soluzione giusta?" gli chiese più volte perplessa. E di fronte all'affermazione del marito rimaneva incredula. Per lei il caso era disperato: punto e basta.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)