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domenica 28 agosto 2011

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 82

"Hai parlato molto bene, anche se non hai commentato le parole del profeta" lo interruppe Gionata con malcelata ironia. "Forse ti manca la dottrina per poterlo fare. Fin quando hai abitato qui da noi hai fatto soltanto il falegname come tuo padre. Un falegname di poco conto se paragonato a tuo fratello Joses. Non mi risulta, inoltre, che tu, mentre te ne andavi ramingo chissà dove, abbia frequentato a Gerusalemme le nostre scuole di teologia. Conosco tutti gli scribi e i farisei della Palestina e nessuno, e sottolineo la parola nessuno, ti ha mai sentito nominare. Donde viene questa tua, chiamiamola così, sapienza?"

"Isaia e gli altri profeti non hanno mai frequentato scuole di teologia" rispose Davide, "eppure di sapienza ne avevano in abbondanza".
"Loro erano ispirati da Dio. Ah..., ora capisco"continuò Gionata sempre più sarcastico. "Tu ti consideri un ispirato, un vero profeta. Ecco perché compi dei prodigi".
"Non sono un taumaturgo" fece Davide con accento sincero.
"E l'indemoniato di Betania?"
Davide rimase sconcertato a quelle parole. Era convinto che il suo esorcismo fosse rimasto segreto. Comunque si ripresa prontamente.
"L'ho soltanto convinto ad aver fiducia nel Signore perché lo guarisse. I prodigi, come tu li chiami, sono solo opera di Dio".
"O del diavolo" fece Gionata, scandendo le parole. "Mi risulta che sei stato in Egitto per molti anni. Chi non mi dice che lì un qualche mago non ti abbia istruito nella magia?"

"Sono tornato che era ancora fanciullo. Comunque il diavolo non compie prodigi di questo genere: non può scacciare un altro diavolo. Agirebbe contro se stesso".
Tutti seguivano il dialogo con fiato sospeso e con grande tensione e tutti erano meravigliati della calma e sicurezza di Davide, per niente intimidito da un personaggio come Gionata, che riusciva a far tremare chiunque a Cana.

"Sai destreggiarti molto bene" dovette ammettere Gionata con malcelata stizza. "Ma io ho voluto prepararti una sorpresa. Ora più che le chiacchiere servono i fatti". E volgendosi ai presenti puntò l'indice verso uno di loro e gli disse: "Matteo, mostra a tutti la tua mano rattrappita."
Il povero Matteo si alzò, tremante di vergogna, e si avvicinò a Gionata. Aveva la mano destra come rinsecchita e contratta, e, di tanto in tanto, agitata da un tremito convulso. Il viso era teso in una smorfia di sofferenza e l'andatura rigida e disarmonica.
Davide lo riconobbe per un suo vecchio compagno di scuola. L'infelice si portò tremante vicino a lui.

"Su, fa' vedere cosa sai fare" fece Gionata, rivolto a Davide con un sogghigno.
Egli comprese perfettamente il gioco perfido del fariseo. Se falliva nella guarigione, sarebbe diventato il ludibrio dell'assemblea; se, invece, avesse operato il prodigio, sarebbe stato accusato di violazione del sabato e di connivenza con Satana. Ebbe un attimo d'incertezza e di smarrimento.

L'ostilità di Gionata, condivisa dalla maggioranza dei presenti, ostacolava il suo fluido psichico e lo rendeva vuoto e impotente. Ma il cedimento durò un attimo. Subito dopo avvertì possente in sé l'alito del Potere e colse l'onda calda di sintonia affettiva che gli proveniva da Lia, da quasi tutte le altre donne e da Giuda e Giacomo.

"Come ho già detto, non sono un taumaturgo" disse allora dopo aver ripreso la sua consueta dolcezza, "ma posso tentare di aiutarlo a guarire, inspirandogli fiducia nel Signore".

Si volse a guardare Matteo e lesse nei suoi occhi una desolazione infinita. Capì che questa non dipendeva dalla sua mano rattrappita, dal suo corpo irrigidito, ma dalla sua mente devastata da inconsci conflitti irrisolti. Entrò subito in sintonia con lui e, telepaticamente, gli mostrò la parte più oscura della sua mente. Matteo rabbrividì, tremò tutto, si pose la mano sana davanti agli occhi, come ad impedir loro di vedere e gettò un urlo straziante che fece rabbrividire tutti. Davide gli afferrò la mano malata, la strinse tra le sue e gli sussurrò, così a bassa voce che solo alcuni riuscirono ad intendere: "Dio ha rimesso i tuoi peccati. Ora puoi riaprire la tua mano".

Come si fosse risvegliato da un lungo sonno, Matteo sbarrò gli occhi, stese il braccio e aprì completamente il suo arto rattrappito. Il volto gli si era disteso e tutto il corpo scongelato. Sembrò, al momento, non rendersi conto di quanto gli era accaduto, poi gettò un urlo di gioia e gridò: "Sono guarito, sono guarito!" E non c'era verso di fermare le sue grida.

Gionata, esterrefatto e terreo in volto, non riuscì, per più di un minuto, a proferire parola ma soltanto a balbettare suoni inarticolati.

"Avete visto tutti" gridò appena riprese il controllo di sé "che ha operato con l'aiuto del diavolo, sennò come avrebbe potuto guarire, violando la legge del sabato!" E, in preda ad una rabbia incontenibile si diede ad inveire contro Davide con la bava alla bocca finché alcuni suoi domestici, preoccupati di quello squallido spettacolo, accorsero per ricondurlo a casa.



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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)