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mercoledì 4 agosto 2010

Gli atei devoti piacciono tanto al Vaticano

Piuttosto di avere a che fare con teologi progressisti che considerano la Chiesa cattolica un nido di pedofili, il Vaticano una cupola mafiosa che difende il proprio potere nel disprezzo per le vittime del clero e il Papa un superboss abbarbicato al potere teocratico, meglio, mille volte meglio, aver a che fare con gli atei devoti perdutamente innamorati di Santa Romana Chiesa e pronti a difenderla ad ogni costo.

Come gli atei-atei, anche gli atei devoti hanno raggiunto la certezza che tutte le religioni sono invenzioni umane e dio una chimera per gli allocchi. Ma ciononostante sono convinti che solo pochi eletti possono sopravvivere senza le false illusioni della religione, capaci cioè di accettare che la morte per l'uomo è la fine di ogni cosa.

Il popolo bue, no. Quello, chissà ancora per quanto tempo, non saprà accettare una fine dell'uomo così ignominiosa. Meglio farlo abbarbicare ad un un qualche aldilà, fasullo fin che si vuole, ma che dia una qualche speranza. E chi meglio di Santa Romana Chiesa, col suo corredo di riti sontuosi, con la sua miriade di santi, madonne-patacca, miracoli e superstizioni varie può vendere più a buon mercato la fasulla immortalità paradisiaca?

Ecco perché, secondo gli atei devoti, la Chiesa va difesa, sostenuta, protetta. E la Chiesa ne è molto riconoscente. Infatti monsignor Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha creato in seno al suo dicastero, su invito del papa, un’area privilegiata preposta al “dialogo” con i non-credenti, denominata “Cortile dei Gentili”.

A questo Cortile, sinonimo di ‘Corte’, il luogo deputato dai Signori del Rinascimento al ricevimento dei cortigiani, non saranno ammessi i veri atei di ferro come i soci dell'Uaar, organizzazione definita da monsignore pacchianamente “folcloristica”, anche se annovera personalità di grande rilevanza scientifica e intellettuale come Margherita Hack, tanto per citarne una sola.

Ma i molti, forse troppi e sempre più numerosi atei devoti che valutano la Chiesa com’è, come la storia l’ha fatta, come la si legge nelle sue grandi biblioteche teologiche, come la si può ammirare nelle sterminate opere d'arte da essa ispirate e promosse, come la si può scrutare nella sua letteratura di santità e nella sua storia di gloria millenaria.

Se poi l'ateo verace, poco devotamente, fa rilevare che la Chiesa, fin dalle sue origini, si è costituita come l'istituzione più criminale della storia dell'umanità che ha prodotto nel mondo immensi lutti (crociate, intolleranze, persecuzioni, genocidi di ogni genere, roghi, caccia alle streghe, annientamento di culture e tradizioni millenarie, opposizione pressoché totale anche ai nostri giorni di ogni libertà civile e democratica, tanto per citare qualcuna delle sue colpe mai da essa riconosciute), queste per l'ateo devoto sono soltanto delle bazzecole, delle basse denigrazioni alimentate dall'abominevole cultura anticlericale.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)