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venerdì 19 marzo 2010

“La Chiesa ha insabbiato”. Prime ammissioni

Ricordate la drammatica trasmissione di Anno Zero del 31/05/07, dedicata alla pedofilia pretesca, durante la quale l'ineffabile monsignor Fisichella, cappellano della Camera dei Deputati, con visibile imbarazzo a domanda rispose "sì, i casi di pedofilia sono solo pochi e isolati". E negò pure, con altrettanta ineffabile sicumera, che il papa avesse intimato ai vescovi di nascondere e soffocare gli scandalosi abusi con una ben precisa circolare “De Delictis Gravioribus”, inviata ai vescovi di tutto il mondo il 18 maggio 2001?

Ora, di fronte alle accuse sempre più numerose e inarrestabili che piovano da molti Paesi europei a questo riguardo le stesse gerarchie sono costrette ad ammettere, a denti stretti, che la pedofilia è stata molto più diffusa nel clero di quanto si presumesse e che, effettivamente, fu ignominiosamente insabbiata per molti decenni come ha ammesso il vescovo di Treviri, Stephan Ackermann, incaricato di far luce nello scandalo dei preti pedofili tedeschi.

L'alto prelato ha dovuto riconoscere che "la Chiesa cattolica" non solo ha "insabbiato" a lungo i casi di abusi sessuali su minori, ma anziché punire o cacciare i preti colpevoli si è limitata a trasferirli da una diocesi all'altra consentendo loro di iterare gli stessi crimini.

L'ammissione, fatta da Ackermann in un'intervista ad un giornale tedesco, ha sfiorato anche papa Benedetto XVI per aver tollerato,quando era arcivescovo del capoluogo bavarese e di Freising, la permanenza nella sua diocesi di un prete condannato a 18 mesi di prigione nel 1986 per abusi su minori e allontanato soltanto in seguito alla contestazione dei fedeli dopo che aveva ripetuto i suoi crimini.

Tanta onestà del clero tedesco nel perseguire “l'operazione trasparenza" non trova l'equivalente nel clero italiano. Infatti, per il segretario di Stato, cardinale Tarcisio Bertone, la richiesta di far piena luce sulla pedofilia dei sacerdoti viene considerata come il tentativo di "qualcuno" di "minare la fiducia" nel papa, e per la Cei, “un ricatto per chiudere la bocca alla Chiesa".

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)