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giovedì 18 marzo 2010

La fine di Pilato (“L'invenzione del cristianesimo”) 55

Stando ai Vangeli, la personalità di Pilato ci appare pavida, cedevole e totalmente stupida, in contrasto con quanto ci tramandò di lui la storia. Il re Agrippa I, che non era certo uno stinco di santo e che fece decapitare l'apostolo Giacomo, figlio di Zebedeo, e forse anche il fratello Giovanni, considerava Pilato, in una sua letttera a Filone, un "uomo rigido, crudele e spietato". Filone stesso, contemporaneo di Gesù, rincara la dose accusando nei suoi scritti il prefetto romano di "reiterati e sistematici massacri di persone senza processi né condanne".

A dimostrazione di ciò vale la pena di ricordare un solo episodio. Quando Pilato mise mano al tesoro del Tempio per costruire un acquedotto, prevedendo la rivolta popolare, mescolò alla folla i suoi soldati travestiti perché potessero massacrare, a bastonate, i capi dei ribelli, come ci racconta Giuseppe Flavio: “con l’ordine di non usare le spade, ma di picchiare i dimostranti con bastoni [..]. I Giudei furono percossi e molti morirono per i colpi ricevuti, molti calpestati da loro stessi nel fuggi fuggi"(Giuseppe Flavio, Guerra Giudaica, II).

Ciò accadde nell'anno 30 d.C., quindi in prossimità della crocifissione di Gesù.
Nel 36 d.C. a causa della sua ferocia vendicativa, Pilato fu destituito per ordine del legato di Siria Aulio Vitellio (poi imperatore) e processato. Quindi, era un uomo crudelissimo e determinato, per nulla corrispondente a come ce lo rappresentano i Vangeli.

Una cosa è certa: nessun governatore romano si sarebbe lasciata imporre una decisione, come quella di condannare a morte Gesù, dagli schiamazzi della folla, ed è altrettanto certo che non avrebbe mai potuto emettere una sentenza di morte se non fosse stata giuridicamente motivata da accuse, riconosciute fondate, di rivolta politica antiromana e di sedizione armata.

Quindi, Pilato non avrebbe mai potuto far giustiziare barbaramente sulla croce Gesù se fosse stato un innocuo pacifista disarmato, che predicava un messaggio puramente spirituale, e i soldati romani non lo avrebbero trattato con dileggio, come ribelle pericoloso, come sedicente “re dei giudei”, se fosse stato un vero messaggero di amore universale.

Singolare è stato il trattamento subito da Pilato da parte della Chiesa pre-costantiniana, la quale, per ingraziarsi Roma, giunse quasi a santificarlo insieme alla moglie Procla o Procula (ed è tuttora canonizzato sia dalla Chiesa Copta, sia da quella Etiopica).

Ma, dopo il trionfo del cristianesimo, secondo Eusebio di Cesarea (Eusebio di Cesarea, Storia Ecclesiastica venne fatto morire nei modi più atroci: decapitato, annegato nel Tevere, perseguitato da frotte di demoni, e così via.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)