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mercoledì 17 marzo 2010

L'assurda condanna a morte di Gesù per blasfemia (“L'invenzione del cristianesimo”) 54

Ma torniamo a Pilato che quando vide Gesù condotto in catene davanti a sé, chiese stupito ai sinedriti, come se in quel momento cadesse dalle nuvole, di quale accusa era imputato quell'uomo. Incredibile! Aveva mandato in piena notte seicento soldati ad arrestarlo e non sapeva perché l'aveva fatto! Non è tutto!

I sinedriti che avevano appena condannato a morte Gesù per bestemmia, con un incredibile voltafaccia cambiarono allora il capo d'accusa imputando Gesù di gravi reati contro il potere imperiale di Roma. Insomma una farsa in piena regola! "...lo condussero da Pilato e cominciarono ad accusarlo: «Abbiamo trovato costui che sobillava il nostro popolo, impediva di dare tributi a Cesare e affermava di essere il Cristo re» (Luca 13,2).

In altre parole, ti denunciamo un Messia, pretendente al trono dì Israele, un nemico di Roma. E di fronte all'incredulità del prefetto: «Non trovo nessuna colpa in quest'uomo» (Luca 23,3) nonostante le ammissioni esplicite di Gesù allo stesso Pilato di considerarsi il Re dei Giudei, essi rincararono la dose: «Costui solleva il popolo, insegnando per tutta la Giudea, dopo aver cominciato dalla Galilea fino a qui»" (Luca 23,55). Più ribelle di così! Altro che un predicatore di pace e di non-violenza!

I colpi di scena non sono ancora finiti. Ci pensa Luca, il più fantasioso dei quattro evangelisti, a presentarci il prossimo. Gli altri tre evangelisti a questo proposito sono completamente muti. Si tratta del trasferimento di Gesù davanti ad Erode Antipa, figlio di Erode il Grande. Quando Pilato venne a sapere che Gesù proveniva dalla Galilea, sottoposta alla giurisdizione di Erode, cercò di scaricare su di lui, presente in quel momento a Gerusalemme, la responsabilità di giudicare Gesù.

Altra assurdità in quanto l'imputato deve sempre essere giudicato nel luogo in cui ha commesso il reato non in quello della sua provenienza. Comunque Erode, deluso per il comportamento di Gesù (aveva rifiutato di compiere prodigi in sua presenza), lo rispedì a Pilato senza emettere alcun verdetto contro di lui e limitandosi solo a schernirlo.

Il processo continuò con Gesù chiuso nel più stretto silenzio (forse nell'aspettativa che il popolo si sollevasse e lo liberasse dai sacerdoti e dai romani) e nonostante il procuratore romano avesse dichiarato di non trovare in lui nessuna colpa ed Erode lo avesse rispedito senza riconoscergli alcun reato, si concluse con un'assurda condanna a morte di Gesù "per innocenza" al solo scopo (vorrebbero farci credere i Vangeli) di accontentare i giudei che lo accusavano di blasfemia.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)