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domenica 31 luglio 2011

Lenigma svelato (Il lato oscuro della verità) 78

Risalendo lungo il Giordano incontrarono alcuni discepoli di Giovanni che annunciarono loro che il Battista era stato arrestato dalle guardie del tetrarca Antipa, su sobillazione della moglie incestuosa Erodiade, e rinchiuso nella fortezza di Macherio, sul Mar Morto. Si vociferava anche che a dar man forte ai soldati del tetrarca fossero state alcune guardie del Tempio, mandate dal sommo sacerdote di Gerusalemme.

L'impressione di Davide fu enorme anche se la cosa era nell'aria.
“Non ne uscirà vivo” fece Giuda scuotendo il capo.”Sono in troppi a volerlo morto. Oltre ad Erodiade e alla corte del tetrarca, è tutta la Gerusalemme bene che vuol farlo tacere per sempre. Ha rotto troppo”.

E di fronte a Davide che lo difendeva: “Gratta, gratta” sbottò, “è un fanatico della peggior specie. Tutto quel cancan per il matrimonio di Antipa con la nipote e cognata! Sono cavolacci suoi! Piuttosto l'Antipa rischia grosso per un motivo ben più grave. Per sposare Erodiade ha dovuto ripudiare la bella Ismailia, figlia del re dei nabatei Areta IV. Costui, però, non è mica uno che ingoia un rospo senza sputarlo. Prima o poi l'Antipa la pagherà cara”.

Ormai erano giunti alle prime case di Cana. Alla vista del suo villaggio, che non vedeva da molti anni, Davide fu preso da una forte emozione parendogli di condividere due diversi sentimenti. Da un lato sentiva di nutrire ancora un certo legame con la famiglia che lo aveva allevato, e dall'altro provava la strana sensazione di esserle del tutto estraneo. Non riusciva a dare una spiegazione plausibile a questi suoi opposti sentimenti.

Giunse nella sua casa verso il tramonto. Solo la madre e il fratello Giacomo l'abitavano ancora. Isacco, come del resto aveva saputo da Giuda, era morto da alcuni anni; il fratello Joses si era sposato e viveva per conto suo ma continuava a lavorare nelle vecchia bottega del padre assieme a Giacomo, ancora celibe.
Giuditta, quando lo vide apparire sulla soglia di casa, pensò subito ad un'apparizione e per poco non svenne.

Lo aveva visto partire quasi ragazzo e se lo ritrovava uomo dall'aspetto austero, solenne e radioso insieme. Davide l'abbracciò con infinita tenerezza e mentre la stringeva a sé rivide, come in un lampo, tutto il dramma che era stato all'origine della sua nascita e si sentì stringere il cuore.

Anche con Giacomo l'incontro fu commoventissimo. In breve la notizia del suo arrivo si sparse per l'intero villaggio e i parenti accorsero premurosi. Joses si limitò a pochi convenevoli e presentò la moglie e i bambini. Lia, al colmo della gioia, si precipitò col figlio Giacomo. Con le lacrime agli occhi abbracciò e riabbracciò il nipote più volte e tra un abbraccio e l'altro si soffermava a rimirarlo estasiata.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)