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mercoledì 28 novembre 2012

Il falso Jahvè. Il messianesimo. 186


Nel primo secolo dopo Cristo dall'ebraismo nacque il cristianesimo, considerato dagli israeliti uno scisma eretico. La sua matrice fu il messianismo jahvista. Quest'utopia, originata dalla profezia del profeta Isaia al tempo dell'esilio babilonese, preconizzava la restaurazione del mitico regno di David a seguito di un conflitto risolutivo d'inaudita violenza, che avrebbe concesso ad Israele di sconfiggere definitivamente i suoi oppressori e di dare inizio ad una nuova era di giustizia e di pace in questa Terra. 

Protagonista di quest'evento escatologico sarebbe stato un Messia, "l'Unto" del Signore", che sarebbe nato a Betlemme, nella città e dalla stirpe di David, secondo le parole del profeta:
"Ecco, ci è nato un pargolo, ci fu elargito un figlio, ha sopra i suoi omeri il principato […] e darà una pace senza fine al trono di David e al suo regno, per stabilirlo e renderlo potente, nel diritto e nella giustizia da oggi e per sempre. Questo farà lo zelo del Signore degli eserciti" (Isaia 9,5-6).

Questo salvatore non doveva avere una funzione universale – come auspicavano i gentili, i quali aspiravano a un soter salvifico apportatore di pace e di giustizia per l'intera umanità – ma soltanto quella di restaurare il mitico regno di David. La Profezia di Isaia, ribadita da Michea, sfociò inevitabilmente, durante la dura dominazione di Erode prima e dei romani dopo, nel fanatismo più virulento (Giuseppe Flavio, Bellum Judaicum).

Già durante il regno di Erode il Grande, come abbiamo visto, il malcontento degli ebrei contro il dominio dei romani era cresciuto a dismisura e aveva provocato frequenti rivolte da parte dei seguaci di quest'apocalittica utopia. L'aspirazione messianica era talmente forte in Israele all'inizio della nostra èra, che chiunque si proclamava Messia trovava subito in nugolo di seguaci pronti a seguirlo fino alla morte. Negli ultimi periodi della storia d'Israele – da Erode alla seconda e definitiva distruzione di Gerusalemme e della Palestina del 135 d.C. – non è che un susseguirsi di rivolte messianiche, soffocate nel sangue ma sempre risorgenti.

Talvolta questi tentativi di ribellione si tramandava di padre in figlio, come nella famiglia di Giuda il Galileo. Naturalmente, ogni presunto Messia spiegava ai suoi seguaci che a colmare l'immensa disparità di forze tra il suo esiguo gruppo di seguaci e le legioni romane avrebbe provveduto Jahvè stesso inviando dal cielo i suoi angeli a tenere a bada le truppe di Cesare.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)