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venerdì 30 novembre 2012

Il peso economico sempre più gravoso per lo Stato Italiano delle scuole private cattoliche.


Dodici anni fa con un provvedimento clericale (legge 62/2000) voluto dall'allora premier Massimo D'Alema e dal ministro dell'istruzione Luigi Berlinguer. le scuole private - a maggioranza cattoliche - ottennero la parità scolastica e da allora incassarono sempre più cospicui contributi statali, in barba al divieto della nostra Costituzione. Naturalmente le scuole cattoliche cominciarono immediatamente a rivendicare gli stessi diritti della "scuola pubblica", minimizzando il fatto che impartiscono un insegnamento non libero ma basato su un "progetto educativo" religioso, quindi settario e di parte, e occultarono pressoché completamente la propria natura privata.
Le rivendicazioni di contributi da parte dello Stato si sono subito fatte pressanti e assommano a centinaia di milioni ogni anno. Ciononostante, con sempre maggior frequenza, i sostenitori delle scuole private (cioè la Cei) chiedono perentoriamente contributi più sostanziosi adducendo la bufala che l'amministrazione pubblica "ha tanto da risparmiare, finanziando le scuole cattoliche".
Secondo il Sussidiario, sito di Comunione e Liberazione, lo Stato risparmia sei miliardi ogni anno devolvendo circa seicento milioni alle scuole private. Tale stima è saltata fuori proprio nel momento in cui il governo cominciava a ventilare (ma finora si è visto come) di imporre l'Imu anche sugli immobili di proprietà ecclesiastica utilizzati per impartire l'istruzione cattolica a pagamento.
Innanzitutto, la cifre presentate dal mondo cattolico sono incomplete, perché si limitano al solo contributo annuo statale, dimenticando quelli provenienti da altre amministrazioni pubbliche (Regioni,Province,Comuni) e ignorando il miliardo e mezzo che lo Stata paga per l'insegnamento della religione cattolica nelle scuole statali. Quindi, come ha mostrato l'Uaar, l'insieme dei contributi assomma non meno di ottocento milioni di euro.
Ma il ragionamento cattolico non è valido per due altri ordini di motivi. Anzitutto i genitori che iscrivono i figli alle scuole cattoliche non lo fanno per ragioni di convenienza economica, viste le profumatissime rette che devono pagare (e che non risultano calate da quando esistono i sussidi pubblici), ma per preferenze educative soprattutto di natura religiosa, per scelte legate al censo o al ceto sociale o per evitare che si "contaminino" con le idee che circolano in scuole ben più pluraliste.
In secondo luogo, ammesso e non concesso che tali studenti tornino in massa alle vere scuole pubbliche, l'impatto sarebbe minimo. Perché i costi pubblici sono fissi (stipendi degli insegnanti e mantenimento degli edifici) e non variabili. Qualche studente in più ripartito classe per classe non farebbe aumentare i costi.
Ma non sono queste le uniche sostanziali carenze del discorso cattolico. Un silenzio tombale è per esempio riservato alla qualità dell'insegnamento in questo tipo di scuole. Eppure tutti gli studi effettuati, siano essi opera di organismi internazionali (l'Ocse), realtà indipendenti (la Fondazione Agnelli) o lo stesso ministero dell'istruzione, sono concordi nel riconoscere che la qualità dell'insegnamento privato è scarsa, assai più scarsa di quella impartita nella scuola di tutti, e declassa in Europa il livello della nostra istruzione.
Le cause di questo spread qualitativo sono del resto note. Gli insegnanti delle scuole private sono reclutati senza concorso (che è pur sempre una selezione), sono sottopagati e secondo l'Istat, una fetta consistente di tali docenti lavora in nero. Molti non hanno neppure l'abilitazione prevista dalla legge. È noto inoltre come le scuole private sono spesso la soluzione di ripiego per gli studenti bocciati in quelle statali, e le classifiche dei "diplomifici", denunciati più volte dai giornali, confermano come le scuole cattoliche siano "ripieghi" assai seguiti. Difficile in ogni caso non essere generosi verso clienti che pagano rette da capogiro pretendendo percentuali del 100% di promossi.
Le scuole private non potranno mai, per definizione, essere la scuola di tutti perché impartiscono progetti educativi di parte e spesso discriminano i disabili e gli extracomunitari. La nostra Costituzione le riconosce, purché "senza oneri per lo Stato". Ma i nostri politici, appecorati alla Chiesa, della Costituzione si fanno un baffo e magari poi, come D'Alema, si fanno insignire dal Vaticano di un titolo nobiliare.


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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)