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domenica 18 novembre 2012

In nomine Domini 39


"Come si concluse a Roma il processo contro Paolo?”, chiese il papa con vivo interesse.
"Paolo trascorse a Roma due anni di prigionia dorata poi, prosciolto dalle accuse, se ne andò in Spagna, poco prima che i cristiani venissero accusati dell'incendio di Roma. Dopo aver visitato la Spagna, Creta e la Macedonia, si ritirò a Nicopoli in Epiro, dove morì di vecchiaia dopo aver completato l'organizzare della Chiesa da lui fondata, dotandola di una solida gerarchia. Quindi la nostra tradizione che vuole che durante la persecuzione di Nerone sia stato martirizzato non corrisponde a quanto dicono questi documenti".
"Quando si ritirò a Nicopoli, Paolo cessò la sua attività apostolica?" chiese il papa.
"No, perché dovette affrontare il clima di odio contro i cristiani che si andava diffondendo in tutto l'Impero in seguito alla persecuzione di Nerone e alla Guerra Giudaica conclusasi con la distruzione di Gerusalemme. I cristiani erano accomunati dai romani agli ebrei nemici di Roma e accusati di continui atti di sedizione. Paolo dovette quindi togliere al nuovo movimento cristiano, che si andava rapidamente diffondendo tra i pagani, ogni residuo di messianismo e giudaismo, che erano alle origini dell'ostilità dei romani, e rivestirlo di pacifismo, di non-violenza, di amore per i nemici, di rispetto quasi servile verso le autorità costituite, di spirito di comprensione per le classi più ricche e potenti. Quindi, manipolando i Vangeli preesistenti, li trasformò in manifesti consoni alla sua nuova teologia, togliendo da essi i riferimenti messianici e inserendo tra i loro vecchi contenuti, una nuova serie di eventi non verificabili, quali: il processo ebraico, i miracoli, la nascita virginale, le apparizioni angeliche, le parabole, l'eucaristia e tutta una serie di proclamazioni di perdono e d'amore per i nemici - che per gli ebrei erano solo i romani - che se il Gesù storico le avesse veramente pronunciate nella Galilea degli anni trenta, sarebbe sicuramente incorso nella lapidazione a furor di popolo. In tal modo Roma venne scagionata da ogni responsabilità della morte ignominiosa di Cristo e quest'ultima fu fatta ricadere esclusivamente sui perfidi giudei, assieme al delirante messianismo che aveva portato alla distruzione di Gerusalemme e dell'intera Palestina".
"E l'apostolo Pietro quando venne ad evangelizzare Roma?", chiese il papa.
"In base a questi rotoli la presenza di Pietro a Roma non ha alcun fondamento. Egli muore in Palestina, dalla quale non era mai uscito se non per un breve soggiorno ad Antiochia, prima di Giacomo, fratello del Signore. D'altronde com'è possibile che la concomitante presenza a Roma dei due apostoli, Pietro e Paolo, non trovi alcun cenno né nelle Lettere di Paolo, né negli Atti, e che, negli stessi Atti, Pietro sia fatto svanire nel nulla ancor prima della metà del testo e che di lui non si accenni più in nessun documento? È evidente che la presenza e il martirio di Pietro a Roma sono una leggenda messa in circolazione dai Padri della Chiesa per rivendicare il diritto della capitale dell'Impero di essere anche la capitale del cristianesimo, al posto della città santa di Gerusalemme".
"Quindi il martirio dei due massimi esponenti della nostra santa fede, Pietro e Paolo, è un'invenzione dei Padri della Chiesa!" esclamò Ascanio visibilmente scosso.
"Questa e forse tante altre", rispose Simone, "se è vero che importantissimi documenti, come questi che ho tra le mani, sono stati distrutti da loro".
"Come si concludono questi testi?", concluse il papa.
"Con la morte di Paolo a Nicopoli, assistito dal fedele Luca e circondato dai molti seguaci, nel compiacimento generale del trionfo del suo cristianesimo in tutte le contrade dell'Impero e della scomparsa quasi totale della chiesa di Gerusalemme", rispose Simone.
"Riassumendo, in una sintesi estrema, quanto vi ho esposto finora", concluse il monaco,"possiamo affermare, in base a questi antichi testi, che Gesù, nel giro di mezzo secolo dalla sua morte, subì tre radicali trasformazioni passando dal Gesù storico, inteso come Messia davidico finito crocifisso come un ribelle javista, al Gesù Messia Martirizzato, divenuto tale dopo la sua presunta resurrezione e inteso come il Figlio dell'Uomo, preconizzato da Daniele, e infine, al Gesù teologico dei nostri Vangeli, trasformato da Paolo in Nostro Signore Gesù Cristo, figlio di Dio, incarnatosi e immolatosi per la salvezza universale.
"Solo il primo è l'autentico Gesù, uno dei tanti Messia falliti che a quel tempo in Palestina sorgevano e tramontavano con una certa frequenza. Il secondo è una pura invenzione della Maddalena e il terzo il capolavoro teologico di Paolo. I primi due Gesù riguardavano esclusivamente il popolo ebraico, il terzo, con la sua elevazione a figlio di Dio, l'intero genere umano".
E porgendo i codici che aveva sul tavolo agli illustri ospiti concluse: "Qui trovate la traduzione fedele dei due rotoli e, da questo momento, li affido alle vostre mani".
"A questo punto sarebbe opportuno che ognuno di noi esprimesse una sua valutazione su quanto abbiamo ascoltato", disse il giovane papa. "Non sarà facile, almeno per me, ma dobbiamo farlo".
"Io gradirei sentire per primo il parere del venerando Simone", intervenne Ascanio. "Dalla sua relazione mi sembra di aver capito che considera questi rotoli dei documenti autentici. La mia domanda è: quanto di vero c'è in essi e quanto nei nostri testi canonici? Perché è chiaro che gli uni escludono gli altri".
"Il diacono Ascanio mi addossa una responsabilità enorme ponendomi questo quesito", rispose Simone tentennando il capo. "Ma io risponderò anche se le mie parole potranno sembrare blasfeme e non in linea con la nostra ortodossia. Comincerò col precisare che quando, parecchi anni fa, ho affrontato la lettura di questi testi, ho subìto un trauma quasi mortale. Per molti mesi sono vissuto nell'angoscia e nella disperazione. Tutto il mio mondo interiore era crollato e tutte le mie certezze religiose svanite nel nulla. Ero continuamente tentato di distruggerli, considerandoli opera di Satana. Poi mi sono messo a soppesare il contenuto di questi testi e a confrontarlo, quasi parola per parola, con quello dei nostri libri canonici. Ebbene, lentamente ma inesorabilmente, sono arrivato alla conclusione, molto amara e molto sofferta, che la verità sull'origine del cristianesimo si trova in questi due rotoli e non nei nostri testi rivelati. In parole semplici e brutali, che il Gesù storico non ha niente a che vedere col cristianesimo che noi professiamo, e che il Gesù teologico, quale ci propongono i nostri Vangeli, è una pura invenzione di Paolo di Tarso".
"Una cosa mostruosa che potrebbe sembrare una enorme bestemmia", sbottò il papa, allargando le braccia in segno di sconforto, "se non fosse che quello che abbiamo sentito nella relazione ci induce a crederlo senza difficoltà".
"Anch'io concordo col venerando Simone", ammise Ascanio senza perifrasi inutili. "Da parecchi anni, considerando le molte ed evidenti contraddizioni e incongruenze che si trovavo nei Vangeli e negli Atti e leggendo le feroci diatribe dei Padri della Chiesa contro gli eretici, ritenevo i testi canonici poco credibili e sottoposti a grossolane manomissioni. Soltanto ora però, dopo aver ascoltato la meravigliosa sinossi di Simone, comprendo appieno che il ruolo messianico di Gesù, pur camuffato in mille modi, affiora di continuo in essi e mi illumina su tanti episodi poco coerenti che mi lasciavano perplesso. Indubbiamente il cristianesimo è nato da una colossale mistificazione inventata da Paolo allo scopo di creare una religione che prendesse dall'ebraismo il monoteismo e l'eticità dei costumi e dal paganesimo l'idea del soterismo, cioè del Dio salvifico che si immola per redimere le colpe dell'umanità.
"Ciò premesso", continuò il diacono, "dobbiamo anche dare atto che Paolo, fondendo in un sintesi geniale la religiosità ebraica con quella salvifica dei gentili, seppe interpretare quel vago sentimento escatologico che era diffuso trasversalmente in tutto l'Impero, riuscendo a creare la religione del futuro. Egli, infatti, seppe interpretare coraggiosamente le aspirazioni religiose dell'universo pagano, che anelava alla trasformazione radicale del mondo sotto il livello politico, sociale e spirituale. Creando un Dio unico e giusto, che amasse i suoi figli senza distinzione di casta; che s'incarnasse tra gli uomini per un puro gesto d'amore, allo scopo di consentire a ciascuno di loro la salvezza; che unisse il genere umano sotto il segno della fratellanza; che restituisse dignità umana a quanti, vittime di una società schiavista, avevano dimenticato di possederne una; che esaltasse gli umili, i reietti e i mansueti, egli seppe cogliere e appagare le più profonde aspirazioni dell'intero mondo antico.
"Questo è indubbiamente il merito supremo di Paolo e fa di lui uno dei più grandi geni religiosi dell'umanità, al cui confronto il Gesù della storia scompare, come abbiamo capito dalla relazione di Simone, e il Gesù, quale noi oggi conosciamo dai Vangeli, è soltanto una sua creatura, il frutto del suo geniale assemblaggio teologico".
"Parole nobili ed elevate", esclamò Simone, "che possono in qualche modo dare un valida giustificazione al nostro cristianesimo, pur fondato sulla frode. Posto in questi termini, infatti, possiamo riconoscere che il cristianesimo è riuscito a dare a gran parte dell'umanità alcuni valori umani e religiosi fondamentali. Se non che il suo primitivo slancio, imperniato soprattutto sull'amore e la fratellanza universale, si è infranto in una pletora di norme, riti, dogmi, liturgie e istituzioni che lo hanno reso sterile e vuoto".
"La straordinaria perspicacia di Simone ancora una volta ha colto nel segno", replicò Ascanio. "Il cristianesimo, nato come sublime aspirazione all'amore universale, si è trasformato, a poco a poco, in una corazza rigida e soffocante, quale è oggi la nostra religione. Però alcuni suoi valori hanno conservato una qualche loro valenza e giustificano appieno la sua esistenza. D'altra parte si è talmente radicato nel mondo che qualsiasi nostro modo di sconfessarlo risulterebbe inimmaginabile e sicuramente catastrofico. Dobbiamo quindi tenercelo così com'è e perfino difenderlo anche dalla verità".
"In altre parole dobbiamo distruggere questi antichi rotoli che in qualche modo lo sconfessano, come fecero gli antichi Padri della Chiesa", fece scandalizzato Simone.
"Proprio così", affermò con vigore Ascanio. "Possiamo e dobbiamo conservare la sapienza degli antichi, perché creata al di fuori della fede, anche se esprime valori contrari ad essa. Non possiamo nel modo più assoluto ammettere questi testi che si trovano all'interno della fede e che finirebbero per corroderla e distruggerla".
Il dibattito tra Ascanio e Simone, pur condotto nel modo più rispettoso, continuò serrato e rigoroso per quasi un'ora. Ognuno dei due sosteneva con gran foga il suo punto di vista e gli argomenti pro e contro la distruzione dei rotoli parevano al papa in perfetto equilibrio.
Mentre egli ascoltava muto e attento lo scambio dialettico tra Ascanio e Simone si rendeva conto, con sempre maggiore consapevolezza, di quanto grande fosse la sua pochezza culturale nel campo religioso. Purtroppo spettava a lui, alla fine, prendere la decisione finale. Era decisamente dalla parte di Ascanio ma gli dispiaceva anche contrariare il venerando Simone, verso il quale nutriva una gran ammirazione e una profonda simpatia.
"La notte porta consiglio", disse al termine di quel serrato dibattito. "Domani ci rincontreremo per prendere una decisione definitiva. Nel frattempo valuterò con la massima ponderazione i vostri due punti di vista. Devo però confessare umilmente", ammise con sincera commozione", che sono molto ammirato della vostra sapienza e saggezza e che ascoltando le vostre parole ho toccato con mano quanto sia carente la mia cultura religiosa e quanto grande, invece, la mia indegnità".






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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)