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lunedì 26 aprile 2010

Le frontaliere della Ru486

Il divieto attuato fino a pochi giorni fa dal governo italiano dell'utilizzo della Ru486, la pillola dell'aborto terapeutico, ha provocato molti disagi e molti danni economici a parecchie donne italiane, costrette, loro malgrado, a recarsi fuori d'Italia per ottenere legalmente quello che in Italia era vietato.

Negli ultimi anni un numero crescente di donne “con la valigia” ha valicato la frontiera degli Stati confinanti, soprattutto della Svizzera, per ottenere la procedura farmacologica applicata con la RU486 ritenuta dovunque indolore e senza complicanze di sorta.

Secondo Carlo Luigi Calmi, deputato del Partito popolare democratico svizzero, molte di queste donne, che l'anno scorso hanno abortito nel Canton Ticino presso le strutture elvetiche ottenendo la massina privacy, un'ottima assistenza medica, anche per opera di medici italiani sul posto, erano lombarde.

La direttrice del Dipartimento sanità e socialità del cantone, Patrizia Pesenti ha dichiarato : «La nostra legislazione non permette di rifiutare una richiesta di prestazione sanitaria ad una persona, anche se straniera. La donna può chiedere l’interruzione di gravidanza a un medico o una struttura sanitaria. Noi teniamo sotto controllo la situazione costantemente». Senza pesanti condizionamenti morali, nelle piena libertà della sua scelta e senza imporle il ricovero ospedaliero.

Ci troviamo, ovviamente, in un Paese molto più civile e libero del nostro, non sottoposto alla plumbea cappa oscurantista del Vaticano e privo di medici che, ipocritamente, si avvalgono dell'obiezione di coscienza per far carriera.

Ora che anche in Italia la Ru486 è finalmente permessa, anche se i pasdaran leghisti e destrorsi, zuavi pontifici, faranno di tutto per contrastarla e per renderne difficile l'utilizzo, le donne italiane potranno finalmente eliminare i disagi e le forti spese che avrebbero dovuto sostenere se obbligate e recarsi all'estero, ma dovranno vigilare con grinta per non farsi annullare, tramite i mille nuovi cavilli che la Chiesa imporrà ai nostri politici, i diritti acquisiti.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)