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domenica 11 aprile 2010

L'enigma svelato (Il lato oscuro della verità) 13^ Puntata

Nella carovana c'erano anche alcuni ospiti, uno dei quali incuriosì molto Davide. Era un giovane ebreo di nome Giovanni, molto bello d'aspetto e ben curato nell'abbigliamento, che portava con sé una sacca nella quale erano custoditi dei rotoli di papiro. Davide fece subito amicizia con lui e venne a sapere che apparteneva alla comunità religiosa degli esseni ed era diretto alla sede di questa comunità che si trovava a Qumran, sulle rive del Mar Morto.

Il giovane, che aveva subito preso in gran simpatia il piccolo Davide perché gli appariva sveglio e molto informato su tante cose, nonostante la giovanissima età, gli raccontò che proveniva dal Lago di Mareotis, vicino ad Alessandria, dove si era recato un anno prima a copiare antichi testi presso alcuni esseni che avevano creato una piccola comunità in quella zona. Ora portava i rotoli copiati ai suoi confratelli di Qumran.

Nonostante avesse svolto un buon lavoro era amareggiato perché non era riuscito a trovare un documento che la sua comunità riteneva d'importanza fondamentale. Aveva quasi la certezza che fosse andato irrimediabilmente perduto. Anche Isacco mostrò notevole interesse per il racconto del giovane perché aveva sentito vagamente parlare di questa comunità i cui membri vivevano in luoghi estremamente inospitali, come anacoreti del deserto, praticando la Legge in modo rigoroso.

Tra Giovanni e Davide nacque una calda amicizia seguita dalla promessa, fatta da quest'ultimo, di recarsi in visita a Qumran quando fosse diventato più grande. Giovanni mostrò al piccolo amico alcuni rotoli di papiro che aveva trascritto ed Davide, suscitando lo stupore di tutti, ma soprattutto di Isacco che non voleva credere ai suoi occhi, con gran disinvoltura scrisse sulla sabbia un breve testo prima in greco, poi in latino e, infine, in demotico, mostrando di conoscere bene queste lingue. Ciò suscitò la più viva ammirazione in Giovanni che lo pregò di venirlo a trovare, il più presto possibile, a Qumran.

Il viaggio di ritorno durò nove giorni da Alessandria alla Giudea, dove Isacco si congedò dai nabatei, invocando su di loro le benedizioni del Signore. Ci vollero altri sette giorni per arrivare a Cana. A mano a mano che avanzavano in Palestina i cuori di Isacco e Giuditta si aprivano alla gioia. Davide, invece, ancora molto scosso per il distacco dai suoi più cari amici, guardava con delusione il susseguirsi di villaggi poveri e privi di un qualsiasi monumento anche modesto: ammassi di casupole costruite senza stile e simili più a cubi di pietra che a case vere e proprie.

La casetta in cui aveva abitato in Egitto, al loro confronto, gli pareva una reggia. Ma si consolò perché scoprì che la Galilea, molto misera sotto il profilo architettonico, aveva invece una natura ridentissima. La campagna era tutta un denso cespuglio di fiori di mille colori.

Il verde degli alberi e dei prati mozzava il fiato. Il clima era molto mite e quando, di tanto in tanto, si fermavano sotto un albero a rifocillarsi, la sua ombra era fresca e deliziosa e decine di uccelli volteggiavano loro intorno come a salutarli. Le allodole, per nulla intimidite, sfioravano, quasi, i viandanti, e i merli, di un vago colore azzurro, volteggiavano lievi poggiando sugli steli dell'erba, senza quasi piegarli.

E, in lontananza, s'intravedevano le montagne tutte ricoperte di verde, che a Davide erano pressoché sconosciute e che gli parvero bellissime e misteriose. E poi c'erano molti alberi da frutto, specialmente fichi, e olivi in quantità, che creavano boschetti di uno strano color grigio-verde, e vigne a non finire. Cominciò a piacergli quella strana terra e non tardò a dimenticare la sontuosità d'Alessandria. Ma i suoi amici erano sempre nel cuore e gli tornavano continuamente alla mente. Allora doveva asciugarsi le lacrime.

Quando, finalmente, giunsero a Cana, Davide vide un villaggio molto simile agli altri incontrati in precedenza: casupole con annessa una piccola stalla, aie con qualche animale da cortile, pozzi circondati da donne che andavano ad attingere acqua con le loro anfore in testa, qua e là delle tombe solitarie e, ovunque: fichi, ulivi e vigne. E il tutto avvolto in una specie di silenzio che a lui, abituato al frastuono d'Alessandria, pareva irreale.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)