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lunedì 19 aprile 2010

“Le sagrestie di Cosa nostra”

Ho scritto in un precedente post (29.03.10) che fino a pochi anni fa la Chiesa ha taciuto sulle mafie, non le ha mai considerate alla stregua di nemici ideologici. Oggi il silenzio è stato in parte interrotto da qualche vescovo della Calabria, come mons.Luigi Renzo, vescovo di Mileto, e mons. Giancarlo Maria Bregantin, vescovo di Locri, e la mafia è subito partita al contrattacco.

Era abituata a farla da padrona in tutti i campi e a trovare molta accondiscendenza da parte dell'alto e basso clero. Frati con la lupara, sacerdoti che durante l’omelia sbeffeggiavano i pentiti di mafia, alti prelati che negavano l’esistenza di Cosa nostra, erano fatti piuttosto comuni fino a poco tempo fa in tutte le regioni dominate dalla criminalità organizzata.

Vincenzo Ceruso, scrittore palermitano, nel suo libro “Le sagrestie di Cosa nostra” che ha come sottotitolo “Inchiesta su preti e mafiosi.” descrive bene il filo rosso che lega la Chiesa all’organizzazione criminale, tra omertà e collusione. Secondo lui le mafie si comportano come una Chiesa nella Chiesa e usano la religione come collante con la società civile perché i mafiosi non sono degli emarginati, anzi sono perfettamente inseriti nel tessuto sociale della società tramite la Chiesa.

Lo strumento principale che il mafioso usa per insinuarsi, spesso con successo, nel tessuto ecclesiale sono le confraternite religiose così numerose nel sud. La sola Palermo ne conta circa 250.Per gli affiliati alle confraternite, farsi vedere, durante le frequenti processioni, a portare le statue raffiguranti immagini sacre, è un modo per riaffermare il loro potere agli occhi della gente.

È bastato, infatti, che il vescovo di Mileto abbia dato disposizioni precise per rifiutare agli affiliati delle cosche di Sant'Onofrio (Vibo Valentia) di prendere parte alla processione alla vigilia della Pasqua, durante la quale avevano il privilegio di portare la statua di San Giovanni che rappresenta la forza, e subito c'è stato un attentato contro il priore della parrocchia. Il grave atto ha richiesto l'intervento della Dda di Catanzaro.

Questi segnali di ribellione da parte della Chiesa, anche se importanti, sono ancora isolati e sporadici perché ci sono ancora molti, troppi ecclesiastici, in combutta con le cosche e perché spesso la chiesa, come edificio sacro, diventa il luogo ideale per favorire alleanze mafiose utilizzando strumentalmente i sacramenti.

Se un capomafia fa da padrino di battesimo, da testimone o si sposa, istituisce un’alleanza criminosa con altre famiglie e rafforza il suo potere. La collusione tra mafia e Chiesa risulta quindi, allo stato attuale delle cose, ancora lontana da un possibile scioglimento, nonostante la buona volontà di qualche eroico ecclesiastico.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)