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sabato 18 giugno 2011

Don Carlo Rebagliati, indagato per induzione alla prostituzione, fa coming out.

Don Carlo Rebagliati di 64 anni, parroco di due piccole parrocchie nel Savonese ed ex economo della diocesi, sieropositivo dal 1994 e indagato per induzione alla prostituzione e percosse, non è un sacerdote qualsiasi. In Liguria lo conoscono in tanti.

Per anni si è dedicato ai tossicodipendenti. Poi ha gestito i conti della Curia di Savona e infine ha assunto per anni la guida di due parrocchie che ora sta per lasciare su invito del vescovo per curare la sua salute ma soprattutto per fare i conti con la sua vita.

È un uomo provato, sofferente ma sincero che mette a nudo il dramma che travaglia gran parte del clero e che la Chiesa non vuole affrontare: “Il bisogno di una vita affettiva dei sacerdoti”. “La vera sofferenza è vivere nel nascondimento. Perfino nella menzogna, che rischia di contagiare tutta la tua vita”, egli confessa.

Don Carlo non parla apertamente della sua omosessualità, la sottintende. “Nel 1994, - ha rivelato- mi hanno detto che ero sieropositivo, forse il primo sacerdote in Italia. Ma decisi di non nascondermi, ogni mattina mi mettevo in coda per la terapia con decine di persone che mi conoscevano”.

Ascoltando alcune esperienze della sua vita, raccontate con estrema sincerità, comprendiamo appieno la tendenza omofiliaca di gran parte del clero. “Una notte in seminario vidi due ragazzi in un letto, li sgridai, pensavo lottassero. Dopo capii. Fu il primo episodio, ce ne furono tanti altri”.

Quando il suo vice gli confessò: “Sono omosessuale, ma non riesco ad ammettere che Dio abbia sbagliato quando mi ha creato”, don Carlo non lo condannò perché consapevole che l'omosessualità era il problema di molti sacerdoti.

Ma la rivelazione più significativa riguarda il suo soggiorno nella capitale. “A Roma c’era l’autobus, il 64 da Termini al Vaticano, dove era un continuo strusciarsi, scambiarsi appuntamenti. Soprattutto tra ecclesiastici”.

Le sue disavventure ebbero inizio quando si espose in prima persona denunciando alcuni casi di pedofilia di cui era venuto a conoscenza, e che il vescovo della sua diocesi fingeva di ignorare.

Il primo riguardò un suo collega, don Nello Giraudo (che ora ha ottenuto dalla Santa Sede la dispensa dallo stato clericale), ex parroco di Spotorno.

Il secondo, riguardò un ex postino e collaboratore di una parrocchia del Savonese, che aveva molestato diversi bambini, quando in qualità di volontario organizzava gite e campi estivi per conto della parrocchia.

Don Rebagliati non ha mai accettato la pedofilia e l'omertà della Chiesa al riguardo. “Bisogna proteggere tutti. Prima di tutto le vittime. Ma anche i colpevoli, che sono persone. La Chiesa non può risolvere il problema tacendo o sbattendoli via. Perché poi continuano a comportarsi così, anche senza l’abito”.

Ma nelle maglie dell’inchiesta sugli episodi di pedofilia nella diocesi, condotta dai carabinieri, c’è finito pure lui. Don Rebagliati infatti avrebbe, secondo l’accusa, indotto a prostituirsi un ragazzo maggiorenne in cambio di favori.

A giorni il pubblico ministero potrebbe chiedere il rinvio a giudizio del sacerdote, che comunque resta in “carica” nelle due parrocchie fino al 19 giugno.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)