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giovedì 23 giugno 2011

La legalizzazione dell’eutanasia attiva volontaria trova sempre più consensi nel Regno Unito.

Il documentario 'Choosing to Die' mandato in onda dalla BBC alcuni giorni fa ha riproposto il dibattito sull'eutanasia in Gran Bretagna. Il film documenta l'ultimo viaggio di Peter Smedley in Svizzera, dove il 71enne, affetto da una malattia terminale neuro-motoria, viene aiutato a morire dall'organizzazione Dignitas con una dose letale di barbiturici.

È stato accolto da giudizi contrastanti e ha diviso l'opinione pubblica fra chi sottolinea il valore della vita in se stessa e chi pone invece l'accento sulla dignità di vivere e sull'inutilità di protrarre a lungo la sofferenza senza scampo. Di fronte alle accuse, l' emittente britannica si è difesa affermando che il programma vuole "dare alla gente la possibilità di farsi una propria idea sull'argomento".

Difesa più che legittima perché l'eutanasia, stanti gli enormi progressi della medicina, si propone come ultima valvola per sfuggire all'accanimento terapeutico imposto dalla barbarie religiosa, che non accetta l'autodeterminazione sulla propria vita.

Il noto scrittore Sir Terry Pratchett, malato di Alzheimer, è intervenuto nel dibattito, sostenendo che dovrebbe essere possibile per chi è affetto da una malattia devastante e senza speranza di scegliere di morire in pace, con l'aiuto medico e con l'apporto affettivo dei suoi cari, invece che soffrire pene dolorosissime, perdere ogni dignità e creare enormi problemi ai familiari.

Accusando il governo di aver deciso di ignorare la questione, l'autore britannico ha sottolineato il valore della dignità della vita, schierandosi a favore del suicidio assistito per chiunque sia nell'età del consenso.

Nell'opinione pubblica l'eutanasia sta riscontrando un favore sempre più crescente. L'anno scorso aveva suscitato enorme scalpore in Inghilterra la sentenza che assolveva Kay Gilderdale, una ex infermiera cinquantacinquenne di Stonegate, East Sussex, dall'accusa di avere aiutato la figlia Lynn, affetta da un male incurabile e sottoposta a continue e atroci sofferenze, a togliersi la vita. Questa decisione senza precedenti aveva sorpreso tutti per tre ordini di considerazioni.

Primo, l'assoluzione era stata data con formula piena e all'unanimità. Secondo, era stata lungamente applaudita del pubblico e accolta favorevolmente dalla maggioranza dell'opinione pubblica, Terzo, il giudice aveva apertamente rimproverato in aula la pubblica accusa, sostenendo che la donna non avrebbe dovuto mai essere processata: "Cosa ci fa questa imputata in tribunale?” aveva dichiarato scandalizzato.

Naturalmente, i Torquemada religiosi, sia cattolici che anglicani, per i quali la vita è un'imposizione divina alla quale l'uomo non può sottrarsi, hanno giudicato la trasmissione della BBC come “propaganda pro-suicidio assistito travestita da documentario".

Per essi, chi decide di por fine ai suoi ineludibili tormenti deve ricorrere ad un suicidio violento e disumano e non morire serenamente assistito dal medico e attorniato dall'affetto dei suoi cari.

La religione, per questi Torquemada, che considerano il nostro mondo una valle di lacrime, si propone il fine di rendere la vita dell'uomo la più infelice possibile nell'aldiquà, nella prospettiva di godere un aldilà radioso, ma col piccolo difetto di essere soltanto immaginario.

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Leo Zen vive in una cittadina del Veneto di forte tradizione cattolica e usa uno pseudonimo volendo evitare possibili disagi dal momento che scrive opere rigorose e documentate ma fortemente dissacratorie e in controtendenza. Finora ha pubblicato tre saggi: L'INVENZIONE DEL CRISTIANESIMO (Editrice Clinamen – Firenze – 2003 – 3^ed.), IL FALSO JAHVE' (Edizioni Clinamen – Firenze – 2007), LA “MALA” RELIGIONE (Editrice Uni- Service – Trento - 2009) e il romanzo storico IN NOMINE DOMINI (Prospettiva editrice – Civitavecchia - 2008)